È morto Hulk Hogan: Please DO NOT try this at home

Hulk Hogan era buono per certe copertine di certi dischi rock impilati accanto allo stereo in salotto. Era l’America. Ben più di Michael Knight, di MacGyver, o dei bagnini di Baywatch, uno che poteva stare nell’A-Team

La memoria a volte inganna. Ci fa credere che certe cose ci siano sempre state, oppure ci dà l’illusione che certe cose non ci siano sempre state e che abbiamo avuto un peso, magari infinitesimale, nel fare in modo che siano esistite. Prendete la scritta Please DO NOT try this at home durante gli spettacoli di wrestling che la tivù trasmetteva. Forse c’è sempre stata. Forse no. Senz’altro chiunque ha visto le trasmissioni degli incontri l’ha vista. E c’è un’ottima possibilità che abbia pensato che se quella scritta l’ha letta era perché lui stesso aveva contribuito, in un modo o nell’altro, a farla comparire in sovrimpressione.

Erano tempi quelli che l’inglese era ancora un mezzo mistero, ma quella scritta la si capiva facilmente. E ancor più facilmente intere generazioni di ragazzini, che sino a quel momento avevano assistito all’esaltazione nonnesca per energumeni che si prendevano a pugni con i guantoni, avevano trovato irresistibili quegli uomini muscolosi e scivolosi di olio che non si limitavano a prendersi a pugni, ma usavano qualsiasi modo e qualsiasi cosa pur di non far rialzare chi avevano di fronte. Non si è mai troppo furbi da ragazzini. Ma che diamine, certe cose non le si erano mai viste e ciò che viene proibito risulta sempre più interessante e appetibile di ciò che è lecito.

Certo appariva chiaro a tutti quei ragazzini che quello che la tivù mostrava era al limite della realtà, che era qualcosa di non vero. Però andava bene lo stesso. E immaginavamo come potesse essere fare quelle cose lì, quelle che si vedevano in tivù.

Tra i tanti mestieranti sul ring, il più pittoresco di tutti era un tizio biondo con i baffi a manubrio, i muscoli scolpiti, l’abbronzatura da bagnino di Riccione, ma che quando si incazzava si strappava la canotta. E quando si strappava la canotta erano guai per tutti. Quel tizio si chiamava Hulk Hogan ed era buono per certe copertine di certi dischi rock impilati accanto allo stereo in salotto. Era l’America. Ben più di Michael Knight, di MacGyver, o dei bagnini di Baywatch, uno che poteva stare nell’A-Team e ambire a mettersi con Pamela Anderson. Erano tempi strani.

E quella scritta, quel Please DO NOT try this at home, sembrava un’ingiustizia.

Per questo non la rispettavamo.

Perché, va detto, almeno una volta si è provato tutti a fare quello che faceva Hulk Hogan. E spesso con un malcapitato di turno, o un amico abbastanza scemo come eravamo scemi noi.

A fare Hulk Hogan c’ho provato qualche volta. In un’occasione io e un mio caro amico di allora, e di ancora, abbiamo rischiato di farci malissimo. Ci eravamo arrampicati sulla ringhiera, avevamo iniziato a saltarci addosso. Fu un divertimento assoluto per decine di minuti. Poi lui si arrampicò con più foga, la ringhiera si imbarcò, lui non riuscì a saltare e ci finì sopra tagliandosi dal ginocchio alla caviglia. Poi la ringhiera cadde su di me.

Non ho mai capito perché non finimmo all’ospedale o al camposanto. Demmo per buona l’ipotesi che fosse stato Hulk Hogan a proteggerci.

Ci andò bene, ma ci impedirono di vedere il wrestling in tivù. Quando però c’è un divieto si trova sempre il modo di eluderlo e noi continuammo a vedere il wrestling in tivù.

Facemmo davvero caso solo allora alla scritta Please DO NOT try this at home. A lungo pensammo che fossimo stati noi la causa della comparsa in sovrimpressione di quel Please DO NOT try this at home. Non era così, ne eravamo consci, ma in fondo ci speravamo.

È da allora che quando riguardiamo le ferite di quel giorno, ancora incise sulla nostra pelle, non può che venirci in mente Hulk Hogan, il wrestling e di quanto eravamo idioti.

Quando ho appreso della morte di Hulk Hogan, la prima cosa che ho fatto è stato guardarmi la ferita. Poi ho scritto al mio amico. “Forse davvero hanno messo quella scritta per noi”, è stata la risposta.

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