Se vengono fuori punti critici nel capoluogo lombardo “l’allarme e la preoccupazione arrivano anche nelle altre città”, dice la presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili: “Non bisogna avere reazioni emotive e di pancia, perché andrebbero a fermare processi fondamentali per il paese”
C’è il timore che ciò che sta accadendo a Milano possa bloccare tutto, è una nostra concreta preoccupazione”, ci dice Federica Brancaccio, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), “perché Milano è la nostra città più europea, quella che precorre gli sviluppi. Se vengono fuori punti critici a Milano è chiaro che poi l’allarme e la preoccupazione arrivano anche nelle altre città. Per prima cosa noi diciamo che non bisogna avere reazioni emotive e di pancia, perché andrebbero a fermare processi fondamentali per il paese. Di rigenerazione urbana se ne parla troppo e si fa troppo poco”. Il “tutto” che rischia di bloccarsi secondo Brancaccio va oltre la contingenza economica e giudiziaria di questi giorni e riguarda tutto il tentativo, faticosamente avviato e non portato a termine, di dare un nuovo assetto alle regole urbanistiche e al modo in cui la politica programma la crescita delle città e le imprese organizzano i loro piani.
“Il richiamo del Foglio al mondo economico, agli imprenditori, lo capiamo e ne raccogliamo le indicazioni ma dire che noi come Ance non parliamo dei problemi di Milano non è vero. Oggi, proprio perché colpito da quella frase del Foglio, un nostro presidente di qualche anno fa mi ha chiamato per dire che sono 40 anni che insistiamo su questi temi e che sono 40 anni che insistiamo sulla necessità di mettere al centro delle politiche nazionali la funzione delle città, e mi sento di fare mia questa testimonianza”. Ma il Foglio, proviamo a precisare, ha usato quelle espressioni per provocare, per svegliare le forze imprenditoriali di fronte allo spettacolo giudiziario e alla debolezza del fronte favorevole allo sviluppo. “Sì, sì, chiaro, ma noi siamo sveglissimi e parliamo delle questioni milanesi e di quelle nazionali senza reticenze. Milano non ha fatto solo i grattacieli per i ricchi, ha fatto tanto anche in termini di infrastrutture urbane e recupero di parchi e spazi pubblici e piazze. Poi che ci sia stata un’edilizia con un mercato molto alto dipende dal fatto che Milano è attrattiva e, banalizzando, può arrivare anche il ricco straniero che compra casa solo per andare alle sfilate di moda. Ma la cosa importante e lo sforzo che tutti dobbiamo fare riguarda come coniugare la fascia di mercato molto alta, da non criminalizzare, con la funzione sociale, l’accoglienza di studenti, giovani, anziani, famiglie, con diverse fasce di reddito, perché le città sono richieste in quanto sanno offrire opportunità, per tutti, con la capacità di far ripartire l’ascensore sociale. E’ chiaro che se il mercato è proibitivo per il 90 per cento della domanda questa funzione sociale si perde e in prospettiva si perde anche l’attrattività”.
Uno dei punti qualificanti dell’esperienza milanese era il sistema amministrativo e politico da cui erano nate le leggi con cui semplificare la gestione dell’urbanistica e dell’edilizia. La famosa legge regionale di 12 anni fa aveva segnato un passaggio che ora viene rimesso in discussione o, meglio, cancellato. “Quella legge – ci dice Brancaccio – aveva superato tutti gli scogli, tutti i famosi ricorsi che portano a bocciare le leggi regionali in queste materie. Allora, il problema c’è e noi, ancora una volta, ne parliamo da anni, perché viviamo con una normativa molto vecchia sull’urbanistica, con una stratificazione successiva che poi genera il caos interpretativo. A Milano c’è un problema di interpretazione della legge regionale e delle delibere comunali che a essa fanno riferimento e di omogeneizzazione di questa interpretazione con la normativa nazionale che data al 1942. Parliamo, insomma, di un paradosso. Noi ci sgoliamo a chiedere che questo caos venga superato, abbiamo bisogno di regole chiare, per aiutare le imprese e le amministrazioni. Siamo al settantasettesimo tentativo di legge sulla rigenerazione urbana e il problema non è solo milanese. Perché prima si ferma Milano e poi si blocca tutto il resto. Nelle altre città in cui si tentava il processo di rigenerazione tutti lasciano stare, si è visto già qualche segnale da Bologna. Ma non dobbiamo essere preda del panico. Non si tratta di semplificare chissà quali procedure, ma di avere chiarezza”.
Ma non si vede un’iniziativa politica di rilievo, sono tutti sotto choc? “Noi già ai tempi del salva-Milano proponevamo di non chiamarlo in quel modo, perché non c’era da salvare Milano ma tutte le città, che devono ridiventare in grado di attrarre tutti e dare a tutti possibilità. Eppure non c’è niente di più politico e quindi complesso dell’urbanistica, anche se i risultati, in termini di consenso, arrivano in tempi lunghi. Abbiamo sollecitato, anche con qualche durezza, tutta la politica a dare risposte. Qualcosa però finalmente si sta muovendo sulla legge per la rigenerazione urbana e sulle risorse e questo ci fa bene sperare. Finora è sembrato che parlare di città fosse un tema fuori luogo, lontano, mentre tutti erano presi da altro. Dal ministero dell’Economia è arrivato un piccolo segnale a favore della rigenerazione urbana, con qualche disponibilità. Vedremo. Ma al Foglio, che ci suona la sveglia, vorrei dire che siamo sveglissimi e che, anzi, vorremmo il lusso di poter un po’ dormire”.