Leggere lo striminzito ddl sulla concorrenza e provare brividi puri: un esercizio svogliato e burocratico e non è neppure una buona foglia di fico
Anche nel 2025, il governo ha rispettato l’obbligo stabilito dal Pnrr di varare una legge annuale per il mercato e la concorrenza. Come nel passato, il provvedimento è smilzo (nove articoli) e tutt’altro che rivoluzionario. Nel dettaglio, la norma rafforza i poteri degli enti locali nel caso in cui la gestione dei servizi pubblici locali dia risultati insoddisfacenti, prevede sanzioni se i comuni non assolvono i loro compiti di monitoraggio e impone di garantire il pluralismo nella fornitura di servizi di ricarica per i veicoli elettrici. Inoltre, interviene in materia trasporto pubblico regionale, per promuovere (senza troppa convinzione) gli affidamenti competitivi o ancora con alcune semplificazioni per i piccoli aeroporti.
Poi c’è la consueta infornata consumeristica, non sempre coerente con l’obiettivo di ampliare gli spazi di competizione: il nuovo reato di utilizzo improprio di cosmetici, l’inasprimento delle sanzioni per l’impiego illecito dei biocidi, l’estensione della categoria di presidi medico chirurgici a prodotti che finora ne erano esclusi.
Da ultimo, vi è la sospensione di alcune disposizioni sull’accreditamento di nuove strutture sanitarie o sociosanitarie fino al 2026 (salvo raggiungimento di un accordo in sede di Conferenza permanente Stato-regioni); la riforma della governance di Enea Tech, con un cadeau di 250 milioni di euro; e alcune modifiche alla società tra professionisti.
Alcune di queste misure sono positive perché danno una spintarella alla concorrenza; altre sono ultra-specifiche o addirittura anti-concorrenziali. Ma è difficile entusiasmarsi così come è difficile scandalizzarsi: è un esercizio svogliato e burocratico. La politica della concorrenza del governo Meloni non sta nel ddl omonimo: emerge piuttosto da altre decisioni di più ampia portata, dall’utilizzo improprio del golden power alle voci che si rincorrono sulla possibile proroga senza gara delle concessioni per le reti gas. Al governo la concorrenza non piace e non fa nulla per nasconderlo; il ddl concorrenza è striminzito persino come foglia di fico.