A due settimane dalle liste, Conte pretende le carte su Ricci. Il Pd gliele manda e aspetta il responso

I Cinque stelle continuano a bastonare i dem a Milano, in Toscana, a Torino. E nel frattempo si accordano con la maggioranza sulla riforma della Rai. Ma non basta: adesso pretendono che sia l’ex premier a decidere la colpevolezza del candidato nelle Marche: quasi fosse un gup

Giuseppe Conte ha chiesto al Pd le “carte” dell’inchiesta che riguarda Matteo Ricci, candidato del centrosinistra alle regionali nelle Marche e da martedì indagato dalla procura di Pesaro. Tra quindici giorni si dovrebbero depositare le liste elettorali, il tempo è poco, ma è tutto fermo perché Conte deve giudicare. Deve valutare. Come un gup, un giudice dell’udienza preliminare, il leader dei 5 stelle vuole leggere gli atti giudiziari per decidere se Ricci e il Pd sono degni di stare in alleanza con lui. La notizia è certa.

E che hanno fatto quelli del Pd di fronte alla richiesta di Conte, secondo voi? Ovviamente gliele hanno mandate subito, le carte processuali. In silenzio. Rispettosi. Solleciti. In questo momento quelli del Nazareno attendono con ansia il responso, come pellegrini a Lourdes. Ci immaginiamo Elly Schlein seduta composta fuori dallo studio di Conte, con le mani sulle ginocchia, lo sguardo fisso sul pavimento e una cartellina ben stretta al petto. Ogni tanto chiede all’usciere: “Ha detto qualcosa?”.

E allora, come ben si capisce, si dovrebbe a questo punto istituire una cattedra universitaria in Tecnica della sottomissione politica. Con laboratorio su Pd e Movimento 5 stelle. Un caso clinico per il neurologo Oliver Sacks. Anche perché mentre il Pd si inchina, il Movimento 5 stelle si muove. Fa politica. A Torino come a Milano, dove ci sono altre due inchieste giudiziarie, i grillini colpiscono il Pd con dichiarazioni aggressive, comunicati sdegnati, conferenze stampa in cui usano l’avversario di giornata – cioè l’alleato – per confermare la propria superiorità non solo etica. Ora anche nelle Marche, con la pretesa di “valutare” se il candidato scelto dal Pd sia compatibile con la purezza pentastellata.

Nel frattempo, mentre il Pd si fa bastonare e ha già ceduto la candidatura in Campania al Movimento 5 stelle – sarà Roberto Fico il candidato presidente – in Toscana Elly Schlein sta modificando il programma di Eugenio Giani per renderlo più compatibile con l’universo grillino, proprio come richiesto da Conte: no agli inceneritori, sì al reddito di inclusione, più partecipazione, più ambientalismo, più tutto, purché serva al Movimento 5 stelle.

Il punto però è che mentre il Pd si adatta, si corregge, si rimodula e chiede scusa, i grillini si mettono d’accordo con il centrodestra sulla riforma della Rai e il Media Freedom Act. E’ successo ieri mattina in commissione Affari europei, al Senato. Pd e Azione astenuti, M5s che vota con Meloni e Salvini. Un gesto secco, chirurgico. Zac! Non è nemmeno la prima volta, ed è il motivo per cui in Rai il M5s conta assai di più del Pd. Fa affari – politici, s’intende – col centrodestra.

Sicché alla fine viene da pensare che abbia ragione Giuseppe Conte a trattare il Pd in questo modo. Ha ragione lui. Che evidentemente si ispira a un principio filosofico semplice, già espresso da una grande pensatrice del secondo Novecento: Wanna Marchi. Ella, fondatrice di una scuola di etica relazionale basata sull’arte dell’imbonimento e sull’uso creativo della dabbenaggine altrui, soleva ripetere – più o meno – che “i gonzi vanno spennati”. Non è la citazione testuale, naturalmente. Quella vera era assai più colorita. E volgare. Ma il senso è rimasto intatto. E Conte lo applica al Pd con grande coerenza.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori “Fummo giovani soltanto allora”, la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.

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