Copenaghen spinge per hub esterni per i rimpatri e critica il sistema di accoglienza: “Se non risolviamo il problema, nessuna politica progressista sarà possibile in Europa”, dice il ministro per l’immigrazione Dybvad Bek
“Il sistema di asilo europeo è rotto”: il ministro socialista danese per l’Immigrazione, Kaare Dybvad Bek, ieri a Copenaghen ha sbattuto in faccia la realtà ai suoi omologhi Ue al Consiglio informale Affari Interni. La Danimarca ha scelto di usare le prime settimane della sua presidenza semestrale di turno dell’Unione per mettere in chiaro che, sul dossier migrazione, non userà il guanto di velluto. E il fatto che l’affondo venga da un governo socialista sta facendo saltare le bussole politiche in Europa.
Copenaghen sostiene la messa in campo “di hub per i rimpatri”, continua Dybvad Bek, e a chi lo accusa di fomentare le destre il ministro risponde che il ragionamento è “illogico a un livello che non riesco a comprendere”, spiega a Politico. “E’ il contrario. L’estrema destra è diventata grande perché non abbiamo risolto i problemi dell’immigrazione. Se non risolviamo questo… allora non saremo in grado di attuare alcuna politica progressista in Europa”, aggiunge Dybvad Bek. Alla presidenza di turno fa subito eco la Commissione: “Il pacchetto migrazione ha delle basi solide ma ci sono tasselli mancanti, come quello riguardante le norme per i rimpatri”, spiega il commissario Ue agli Affari Interni, Magnus Brunner, che aggiunge: “C’è anche una dimensione esterna. I centri per i rimpatri in territorio albanese possono essere considerati dei veri e propri precursori dei return hubs”, commenta . Il dato politico è che a Copenaghen cade definitivamente il tabù sull’esternalizzazione della gestione degli arrivi – e cade per mano socialista”.