Dentro FdI puntano sull’effetto dell’indagine all’interno della coalizione di centrosinistra con Conte che inizia a fare i primi distinguo. Intanto il presidente del Senato fa capire che il dopo Zaia non è chiuso
Altro che Zaia, il Veneto e il vertice del centrodestra a casa di Giorgia Meloni a base di ravioloni, seppie e gelato. Dentro Fratelli d’Italia ieri sera parlavano solo delle Marche. O meglio dell’avviso di garanzia arrivato a Matteo Ricci, europarlamentare del Pd, ex sindaco di Pesaro e candidato governatore per una serie di affidi nella città del maestro Rossini. Una notizia che in via della Scrofa, sede del partito di Meloni, girava con insistenza da settimane: “Vedrete, vedrete cosa accadrà”. E per uno strano scherzo del destino – sicuramente fortuito – il giorno dopo il decreto del presidente Francesco Acquaroli che fissa le elezioni al 28 e 29 settembre è arrivata la bomba politica sul campo largo. Domande maliziose dei vertici di FdI: “E adesso cosa farà il M5s di Conte: continuerà ad appoggiare Ricci anche se indagato e se non lo farà il Pd lascerà la Campania a Fico?”.
Fino a ieri sera la linea di Meloni era di non cavalcare l’onda giudiziaria contro Ricci, aspettando la reazione di Giuseppe Conte. Che in effetti in una nota, dopo aver sentito al telefono l’ex sindaco di Pesaro, ha fatto capire che al momento la fiducia resta e che prima di prendere qualsiasi decisione “vorremo leggere le carte al fine di comprendere se gli venga mossa una semplice contestazione per spese del Comune non corrette o se vi siano gli elementi di una condotta disonesta incompatibili con il M5s”. Insomma, riparte la rumba. Per somma gioia del centrodestra e del partito di Acquaroli, FdI. D’altronde quella delle Marche sarà la prima sfida di questa tornata autunnale che passerà poi da Veneto, Puglia, Toscana, Campania e Valle d’Aosta. L’altra sera la premier durante la cena con Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi ha spinto gli alleati a lavorare a testa bassa proprio sulle Marche. Perché vincere queste elezioni, è stato il ragionamento della presidente del Consiglio, serve a creare un clima positivo anche per le altre. Tutto come da copione, come accaduto a Milano, con il M5s all’attacco i dem sotto choc che impiegano ore per una reazione. Solo che le elezioni per Palazzo Marino alla fine sono lontane, salvo sorprese, mentre queste no: eccole, sono dietro l’angolo. E dentro FdI gongolano tutti. Il resto, ancora per poco, può attendere. Resta il nodo del Veneto, di come trovare un’intesa con Luca Zaia, il doge da accontentare, limitare, forse blandire. La cena dell’altra sera, al di là del menù svelato da questo giornale, sembra non aver riservato grandi passi in avanti su questo dossier. Matteo Salvini continua a pretendere un candidato leghista (il vicesegretario Alberto Stefani), ma il via libera della coalizione ancora non è arrivato. Anzi. Ieri pomeriggio gli arazzi di Palazzo Madama hanno ascoltato queste parole di Ignazio La Russa, presidente del Senato: “Se FdI merita il Veneto? Noi meritiamo tutto”, a seguire sorriso e risata luciferina della seconda carica dello stato. Spia però di una trattativa che non è ancora chiusa, anche perché Zaia continua ad agitare nell’aria l’idea di una lista civica con il suo nome. Per gli altri candidati ancora in bilico, quelli di Campania e Puglia, si è scelto il metodo berlusconiano per eccellenza: da oggi verranno sondati tutti i papabili (da Edmondo Cirielli a Mauro D’Attis) con delle rilevazioni affidate a istituti che si occupano di queste cose. Meloni non rompe, tratta a oltranza pensando alla prossima cena. Ma l’attenzione di tutti in queste ore è sulle Marche. Ieri sera alle 20.50 – prima che questo giornale andasse in stampa – non era ancora uscita la posizione di Elly Schlein sul Ricci.