La recensione del libro di Ramie Targoff edito da Mondadori, 358 pp., 28 euro
In un saggio molto citato e venerato dalle femministe, Virginia Woolf sosteneva che se fosse esistita una fantomatica sorella di Shakespeare, dotata delle stesse attitudini del fratello, nessuno le avrebbe dato lo spazio che avrebbe meritato, piuttosto sarebbe finita “in qualche capanna solitaria un po’ fuori del villaggio, per metà strega, per metà maga, temuta e derisa”.
Ramie Targoff sfata questa leggenda nera, trovando, dopo un lavoro d’indagine accurato quanto esaustivo, ben quattro donne che fra Cinquecento e Seicento sono state capaci di spazzare via dicerie e maldicenze e ricavarsi quella stanza tutta per sé, per restare al saggio woolfiano, dove potersi dedicare alla scrittura di poemi, diari, versi, tragedie, traduzioni.
Cruciale per tutte e quattro è l’esempio di Elisabetta I, la sovrana capace di dimostrare non solo che una donna può tenere in mano le redini di una nazione ricca e potente come l’Inghilterra, ma è in grado addirittura di farle compiere il salto definitivo a potenza egemone nello scacchiere geopolitico dell’epoca. Spietata nel comando quanto spregiudicata nel rifiutare spasimanti veri o presunti, Elisabetta si cimenta durante il suo regno anche nella scrittura, pubblicando nel 1563 un libro di preghiere intitolato Precationes privatae. Forse proprio osservandola, o semplicemente prendendo coraggio dal suo esempio, una della sue dame, Mary Sidney, sorella di quel sir Dudley impenitente quanto fallimentare corteggiatore della regina, si lancia in una impresa enorme, completare la traduzione dei Salmi che il fratello Philip aveva lasciato incompleta, ottenendo, commenta Targoff, un risultato eccellente: “Nei centosette Salmi tradotti dalla sola Mary ci sono centoventotto cambiamenti di strofe e metrica, segno di una padronanza davvero straordinaria della forma poetica”.
Completamente diversa è la storia di Aemilia Lanyer, proveniente da una famiglia veneziana di costruttori di strumenti musicali, ufficialmente protestanti ma forse cattolici e probabilmente prima ancora ebrei, diventa la prima donna inglese a pubblicare un libro di poesie, Salve Deus Rex Judaeorum. Elizabeth Cary declina questo primato nel campo della tragedia, con The tragedy of Mariam, infine Anne Clifford, è l’autrice di un diario nel quale riesce a combinare pettegolezzi, massime, piccoli componimenti di vario argomento. Non si tratta di semplici primati buoni per gli annuari, ma di opere vitali, capaci di rileggere in una chiave personale, precipuamente femminile, perfino, nel caso della Lanyer, la Passione di Cristo.
Ramie Targoff
Le sorelle di Shakespeare
Mondadori, 358 pp., 28 euro