La scelta di Laura Santi

Il suicidio della giornalista e la differenza tra diritto individuale e dovere di uno stato

La storia di Laura Santi, giornalista perugina malata di sclerosi multipla, che ha scelto di togliersi la vita con un farmaco letale, tocca corde profonde e impone silenzio, rispetto, compassione. Di fronte al dolore vero e al desiderio umano di non soffrire, il primo impulso non può che essere quello della pietà. Il modo lucido e pubblico con cui Laura ha comunicato la sua scelta, coerente con la sua professione e con il suo attivismo, merita rispetto. Ma proprio perché il suo gesto è diventato consapevolmente un atto pubblico, una dichiarazione culturale, una notizia da dare – come lei stessa ha scritto – è giusto e doveroso provare a pensare anche alla dimensione pubblica della sua scelta. Si può essere sinceramente mossi dalla sua storia e al tempo stesso temere che il suo gesto venga assunto come un modello. Si può piangere la sua fine e allo stesso tempo domandarsi se una società che riconosce e incentiva l’autodeterminazione fino al punto di legalizzare e normalizzare il suicidio non stia smettendo di offrire un orizzonte di speranza ai più fragili.

Laura aveva davanti a sé una malattia dura, impietosa, progressiva. Eppure ci sono tanti malati, tanti corpi piegati, tante vite sofferenti che ogni giorno trovano un senso, una forma, una dignità nuova dentro quella vita. E ricordarlo non significa giudicare chi ha preso una strada che non merita esercizi di moralismo ma proteggere chi – domani – potrebbe non avere più motivi per provarci. Perché la vera questione culturale oggi non è quella di giudicare una scelta drammatica ma è sperare che la nostra società continui a investire tutto quello che può nel prendersi cura anche delle fragilità. E’ difficile in queste circostanze commentare con freddezza e razionalità l’appello che ha lanciato col suo ultimo scritto, in cui conferma la sua adesione al movimento pro eutanasia e critica le posizioni di chi le contrasta. E’ difficile però non ricordare che tra l’esercizio di un diritto individuale e la trasformazione di quel diritto in un dovere dello stato esiste una differenza profonda, che è bene non travalicare. Addio Laura, e un abbraccio alla famiglia.

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