Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore – Ho seguito con angoscia gli orrori della strage compiuta da Hamas nell’ottobre di due anni fa. La risposta militare di Israele mi sembrò, nei mesi seguenti, assolutamente legittima. Sono passati due anni, Hamas è stato quasi completamente neutralizzato, i suoi capi e quelli di Hezbollah annientati. La Repubblica islamica degli ayatollah, travolta dal cielo e in terra. Anche in questi momenti mi sono sentito accanto a Israele. Tuttavia da mesi Idf continua a colpire con accanimento i palestinesi che cercano solo cibo e acqua. Ogni giorno centinaia di morti, tanti, troppi bambini e donne. Gaza è ridotta a una distesa di macerie, gli aiuti umanitari bloccati ai valichi. Allora mi chiedo, qual è oggi il nemico di Israele? Sono forse le persone affamate che vanno a cercare il poco cibo che arriva? Se è così il nemico non è più Hamas ma sono i palestinesi stessi. E continuo a chiedermi, le chiedo, come fa un popolo, che il fondatore del Foglio ha definito, tempo fa,“forte e pacifico”, a non ribellarsi al governo di Netanyahu? Se il vincitore di una guerra, dopo aver vinto il nemico sul campo, affama i civili, rade al suolo case, scuole, ospedali, brucia i raccolti, costruisce insediamenti abusivi e deporta disperati da sud a nord e viceversa, se tutto questo avviene nel silenzio totale della società civile, allora è questo che vuole Israele? Il pensiero e gli scritti di un ebreo polacco, Raphael Lemkin non hanno insegnato niente al popolo d’Israele?
Carlo Nosei
Le guerre si vincono non solo con la forza, ma anche facendo capire per cosa si combatte. Fuori da Gaza, Israele riesce a far capire per cosa sta combattendo: per la sua libertà, che è anche la nostra. A Gaza, Israele non riesce più a far capire da tempo per cosa stia combattendo. E quando in guerra non fai capire che obiettivo hai, ogni strumentalizzazione che viene fatta della tua guerra diventa possibile, a volte anche drammaticamente legittima.
Al direttore – Buongiorno, solo per dirle che sono orgoglioso di leggere il Foglio. Tutte le mattine una finestra aperta sul buon senso, sull’intelligenza, sul coraggio di non essere parte del coro e del chiacchiericcio: non mollate. Costringete a ragionare, approfondire… Grazie.
Edoardo Marinelli
Grazie a lei, è un piacere.
Al direttore – Nessun parallelismo è possibile fra l’attuale inchiesta della procura di Milano e Tangentopoli. Si sono affrettati a dirlo in tanti, fra politici di opposizione, giornalisti dal pedigree progressista, ex magistrati divenuti scrittori dopo aver militato a sinistra, analisti politici vari. E hanno tutti ragione, com’è evidente. Il sospetto, però, è che se il sindaco di Milano si fosse chiamato Fontana, per dire, e gli indagati fossero stati costruttori, imprenditori e architetti a lui vicini, l’accostamento fra l’inchiesta milanese e Mani pulite sarebbe immediatamente fiorito sulla bocca di chi oggi, ed è comunque un bene, lo respinge. In buona sostanza, siamo tristemente alle solite. Se non fosse che stavolta il presidente del Consiglio di destra ha rigettato l’idea di dimissioni automatiche, dopo un avviso di garanzia, di un sindaco di sinistra; e se non fosse, inoltre, che molti esponenti di centrodestra (Crosetto, Lupi e lo stesso Fontana) si sono rivelati garantisti autentici con un’amministrazione di sinistra, evitando di speculare per trarne immediato vantaggio. Non è molto, anche perché a destra restano ancora istinti giustizialisti ferini e a sinistra il leader solidarizza con Sala solo dopo giorni di silenzio (il M5S meglio non citarlo per carità di patria). Ma non è nemmeno poco. Fino a pochi anni fa, diciamocelo, in questi piccoli miracoli non avremmo nemmeno potuto lontanamente sperare.
Luca Rocca
Al direttore – Gentilissimo Salvatore Merlo, vorremmo fare alcune precisazioni in merito alla sua intervista di ieri a Sandro Parenzo. Lei giustamente scrive che il “falso”, per Sandro Parenzo, è sempre stato un atto di creatività. Creatività che si è espressa a pieno nel fantascientifico racconto sulle origini del “Drive in”. Vogliamo far notare solo due cosucce incontrovertibili: 1. Antonio Ricci non risultava nei titoli di coda del programma perché già inserito nei più prestigiosi titoli di testa. 2. Non solo non c’era nessun fratello di Ezio Greggio a scrivere gli sketch ma, addirittura, Ezio Greggio non ha mai avuto alcun fratello. Grazie per l’attenzione e ci saluti quel burlone del “Fondatore di Canale 5”. Cordiali saluti.
L’Ufficio Stampa di Striscia la notizia e di quel che rimane di “Drive In”
Errata corrige. Nell’articolo pubblicato sabato sui “Criptoricconi d’Italia”, è uscito per errore che Intesa Sanpaolo ha investito un miliardo di euro in bitcoin anziché un milione di euro. Ci scusiamo con i lettori e ricordiamo che si tratta di un importo limitato, considerando che il portafoglio titoli della Banca è pari a 100 miliardi di euro. E’ un test nel caso in cui alcuni clienti particolarmente sofisticati volessero effettuare queste specifiche forme di investimento, come ha spiegato l’amministratore delegato Carlo Messina citato nel testo.