Il Senato ha approvato il disegno di legge costituzionale che introduce la separazione delle carriere della magistratura tra pm e giudici, con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astenuti. Tra i banchi del governo, presenti il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e per il ministro per rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani.
L’approvazione in seconda lettura della riforma “segna un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione”, ha commentato su X la premier Giorgia Meloni. “Il percorso non è ancora concluso – ha aggiunto – ma oggi confermiamo la nostra determinazione nel dare all’Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente”.
I senatori del Pd, al momento del voto, hanno tutti esposto un frontespizio della Costituzione rovesciata. I deputati di M5s hanno invece alzato un cartello con le immagini di Borsellino e Falcone con la scritta “non nel loro nome”. Come previsto, Azione ha votato a favore. “Era nel nostro programma elettorale e riteniamo che la perdita di credibilità della politica di oggi sia nell’anteporre chi presenta e cosa presenta cioè l’idea che la faziosità superi sempre qualsiasi valutazione di merito. Quindi facciamo prevalere le nostre promesse elettorali rispetto allo spirito di fazione”, ha detto il senatore Carlo Calenda nelle sue dichiarazioni di voto.
Renzi ha invece attaccato il ministro Nordio e il suo staff. “Signor ministro, se vuole davvero essere coerente con la separazione delle carriere, inizi a separare le carriere della politica da quella della magistratura e separi la sua carriera da quella del suo capo di gabinetto (Giusi Bartolozzi, ndr) che è la vera leader del suo ministero”, ha detto nel suo intervento in aula. “In via Arenula c’è stato il Vietnam: se ne sono andati il capo di gabinetto di prima, il capo degli affari giudiziari, la capa degli ispettori. Ci sono stati continui sconquassi nel dipartimento che lei dirige. E questo è successo perché lei è circondato da gente che pretende di lavorare al suo posto”. Quindi ha citato il caso del generale libico Almasri, rimpatriato nel suo paese: “La decisione non l’ha presa lei, ma la toga in capo a Palazzo Chigi”. E ha concluso: “Voi cercate di nascondere sotto la polvere la vicenda Almasri. Ma o lei ha mentito in quest’aula dicendo che le sue informazioni non erano sufficienti, oppure la sua capo di gabinetto le ha nascosto la verità. Se lei ha mentito – ipotesi che io preferirei, perché almeno non è un fantoccio nelle mani della sua capo di gabinetto – allora si dimetta. Se non ha mentito e non le hanno quello che Bartolozzi scriveva via mail, cacci la Bartolozzi e recuperi efficienza. Tertum non datum”
Dopo il voto di oggi, seguiranno – con un distacco di almeno tre mesi, come prevede la Costituzione – gli altri due passaggi parlamentari, tra Camera e Senato, ma sarà senza esame di merito e possibilità di emendare il testo. E in assenza di una maggioranza qualificata dei 2/3 nella seconda votazione, la legge sarà sottoposta a referendum popolare, che la maggioranza prevede nella primavera del 2026. La riforma era stata licenziata il 16 gennaio dalla Camera (con 174 sì, 92 no e 5 astensioni).