Founders Films e l’ambizione di fare soldi con film nazionalisti

Riuscire a ottenere una nicchia di mercato all’interno di un sistema prevalentemente progressista è l’obiettivo di molti imprenditori della destra politica. E una nuova casa di produzione potrebbe essere il mezzo adatto

Hollywood, la più grande industria cinematografica del mondo occidentale, è percepito come troppo di sinistra dai conservatori, ma il mondo del cinema è visto come fondamentale nella costruzione di un nuovo pensiero di destra: riuscire a ottenere una nicchia di mercato all’interno di un sistema prevalentemente progressista è l’obiettivo di molti imprenditori della destra politica. Secondo uno scoop di Semafor, Shyam Shankar, il chief technology officer di Palantir, l’azienda di software fondata dal miliardario trumpiano Peter Thiel, assieme ad altri investitori starebbe raccogliendo capitali per dare vita a una nuova casa di produzione, Founders Films, con l’obiettivo di finanziare pellicole nazionaliste.

Lo stesso Shankar, in un lungo post su Substack, ha rimarcato come oggi gli studios non abbiano la volontà di costituire una vera epica americana. Secondo l’imprenditore, negli anni Ottanta il cinema era molto più chiaro: blockbuster come “Rocky IV” non indugiavano a dipingere l’Unione sovietica come uno stato totalitario di cui si auspicava la fine, mentre gli statunitensi erano sempre i portatori della libertà. Oggi, invece, nel tentativo di penetrare nel mercato cinese, Hollywood si piegherebbe a ingerenze del governo comunista purché le pellicole vengano distribuite, con risultati alterni. Shankar parla apertamente della volontà di creare un nuovo “American Cinematic Universe”, prendendo in prestito il nome che ha fatto fortuna con i film della galassia di fumetti Marvel, che non abbia paura di muoversi all’interno di un contesto di nuova guerra fredda, in cui a prevalere deve sempre essere l’eccezionalismo americano e mai i nemici del paese. Alcuni dei possibili progetti di Founders Films, che Semafor ha rivelato in esclusiva, riguardano un lungometraggio sull’evacuazione del World Trade Center dopo l’11 settembre, uno sul disastroso ritiro dall’Afghanistan durante la presidenza Biden, una trasposizione in tre parti di “La rivolta di Atlante”, la monumentale opera di Ayn Rand diventata un simbolo del libertarismo statunitense, e una pellicola sul recente attacco all’Iran.

La domanda da porsi è se una casa di produzione così ideologicamente connotata ancor prima di rilasciare la sua prima pellicola possa funzionare: un mondo come quello del cinema ad alto budget, infatti, dovrebbe semplicemente puntare alla maggior fetta di pubblico possibile. L’insoddisfazione conservatrice verso Hollywood, però, in un paese sempre più polarizzato, potrebbe portare a un maggior interesse da parte del pubblico conservatore verso un progetto di questo tipo. Non a caso, prodotti nati con intenzioni più limitate hanno riscosso successi di pubblico assolutamente insperati.

La media company conservatrice Daily Wire, fondata nel 2015 da Ben Shapiro e Jeremy Boreing, dal 2021 si occupa di produrre anche film: tra questi, l’anno scorso ha fatto uscire “Am I racist?”, un mockumentary comico, risposta di destra al personaggio di Borat di Sacha Baron Cohen, che persegue l’obiettivo di prendere in giro le politiche di diversità, equità e inclusione. Snobbato dai principali media di settore, ha ottenuto rilevanza attraverso il passaparola all’interno delle nicchie conservatrici e dei podcast di destra ed è diventato il documentario col maggior incasso dell’anno, con 12 milioni di dollari guadagnati a fronte dei soli 3 spesi per produrlo. Altro esempio sulla stessa falsariga è il biopic “Reagan”, recentemente approdato anche su Sky Italia, in cui tra gli attori principali c’è Jon Voight, nominato da Trump “ambasciatore speciale” a Hollywood assieme a Mel Gibson e Sylvester Stallone.

Nonostante le recensioni molto negative della critica di settore, il film ha ottenuto un discreto successo di pubblico, incassando 30 milioni, a dimostrazione della forza di una promozione alternativa e rivolta solamente al mondo conservatore. Questi esempi fanno pensare che anche produzioni di più alto budget potrebbero funzionare, proprio per via del loro essere divisive: il produttore di “Reagan” Mark Joseph ha affermato che le politiche liberal di Hollywood allontanano metà del paese. Una fetta che i promotori di Founders Films sperano possa tornare in sala se il cinema si riadeguasse ai valori di un tempo.

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