Tre post su quattro pubblicati sui social dagli italiani sull’Ue sono negativi. Un quadro di malcontento generalizzato, che esplode in particolare quando si parla di tabacco. L’ipotesi di un aumento delle accise ha scatenato 5.700 conversazioni e più di 86 mila interazioni: il 95% ha un tono negativo
C’è un dato che dovrebbe far riflettere Bruxelles, ma anche Roma: tre post su quattro pubblicati dagli italiani sull’Unione Europea sono negativi. Non è solo una questione di contenuti – tasse, agricoltura, ambiente – ma di percezione profonda, quotidiana, quasi epidermica. È Socialcom a certificarlo: l’analisi delle reazioni online tra il 19 giugno e il 18 luglio, oltre 10 mila contenuti e 223 mila interazioni, mostra un quadro di malcontento generalizzato, che esplode in particolare su un tema insospettabile eppure rivelatore: il tabacco.
L’ipotesi di un aumento delle accise ha scatenato 5.700 conversazioni e più di 86 mila interazioni. E il tono? 95% negativo. È la solita storia: una misura percepita come punitiva, lontana dalla realtà, imposta dall’alto. L’Europa, che pensa al clima e alla fiscalità come missioni strategiche, finisce con l’apparire invasiva, pedante, nemica dei piccoli piaceri quotidiani. E se anche il fumatore medio non è un euroscettico militante, poco ci manca.
Il problema per il governo Meloni, però, è duplice. Da un lato, cavalcare l’euroscetticismo è facile: basta prendersela con Bruxelles, come fatto per anni. Ma dall’altro, l’Italia ha bisogno di stare in Europa, di negoziare i dossier fiscali e agricoli, di ottenere fondi e credibilità. E se la maggioranza alimenta il rancore anti-Ue mentre siede al tavolo delle trattative, rischia di restare schiacciata tra propaganda e realtà.
Sotto accusa finiscono le accise, il green deal, le regole sui rifiuti elettronici. Ma a essere sotto processo è anche il modo in cui l’Europa comunica: distante, tecnocratica, spesso incapace di spiegare il perché delle scelte. Lo dice chiaramente Luca Ferlaino, presidente di Socialcom: “Serve un cambio di passo”. Altrimenti, a furia di rincorrere la rabbia, ci si dimentica come si costruisce consenso. E il governo, in mezzo, rischia di restare senza voce.