L’Unione europea vuole regole uguali per tutti: Italia e Spagna rischiano sanzioni per aver ostacolato fusioni bancarie. L’uso politico del potere statale mina l’ordinamento comunitario e l’unione dei mercati. Parlano Mariangela Di Giandomenico e Paolo Scarduelli
La Commissione europea potrebbe contestare al governo tedesco di ostacolare le fusioni bancarie, così come ha fatto con i governi spagnolo e italiano? “Anche per la Germania valgono le medesime limitazioni sul controllo delle concentrazioni e la Commissione europea ha già espresso una posizione che richiama i principi del Trattato istitutivo dell’Unione”. Mariangela Di Giandomenico è partner dello studio legale internazionale Orrick ed è una degli esperti nominati dalla Commissione per affiancare il lavoro degli organismi che stanno definendo il nuovo sistema di norme europee sugli appalti pubblici, settore in cui, osserva, “sta risultando più semplice trovare una convergenza rispetto a quello bancario”. La sua opinione è che sì, Bruxelles potrebbe richiamare all’ordine anche il governo di Friedrich Merz se si ostina ad alzare barricate nei confronti di Unicredit e del suo tentativo di aggregare Commerzbank.
“La Commissione dovrebbe essere coerente – dice – nel caso in cui il governo tedesco adotti misure protettive non in linea con la regolamentazione comunitaria. Insomma, dovrebbe intervenire allo stesso modo in cui è intervenuta per la Spagna e l’Italia”. I vertici europei hanno deciso di dare un segnale agli stati membri che stanno ponendo limiti al processo di consolidamento bancario. Il governo Sánchez si è mosso sbandierando la conservazione dei livelli occupazionali per porre come condizione più severa all’offerta di BBVA su Banco Sabadell di non procedere alla fusione per almeno tre anni, il che equivale a impedire la generazione di sinergie che in aggregazioni di questo tipo si possono generare. Il governo Meloni si è appellato al golden power per fissare paletti a Unicredit per proseguire nella sua offerta su Banco Bpm, di cui due smontati dal Tar del Lazio. Solo che questi governi si sono infilati in un vicolo cieco.
“Non c’è dubbio che in caso di conflitto tra diritto nazionale e comunitario a prevalere debba essere quest’ultimo – prosegue Di Giandomenico –. Gli stati europei hanno accettato di avere un ordinamento sovranazionale la cui osservanza in Italia è garantita dalla Costituzione. L’Unione europea è nata per condividere regole e strategie”. Che cosa rischiano l’Italia e la Spagna? “Mi pare sia stata rilevata una violazione del trattato istitutivo dell’Unione per gli aspetti che riguardano la libera circolazione dei capitali e che prevedono la costituzione dell’unione bancaria. Se si crea un conflitto, l’Europa dovrebbe vincere”. Sul piano pratico, secondo Paolo Scarduelli, partner dello studio legale internazionale Cms, quello che potrebbe accadere sia alla Spagna sia all’Italia è incappare in una procedura d’infrazione (che nel caso spagnolo è stata già avviata da Bruxelles) per poi finire davanti alla Corte di Giustizia europea con scarsissime probabilità di farcela. “A quel punto scatterebbero le sanzioni previste nei confronti degli stati”, spiega Scarduelli. Spingersi su questo terreno, osserva Di Giandomenico, significherebbe accettare l’idea di scardinare l’ordinamento giuridico sovranazionale che gli stati stessi si sono dati. Posto che il messaggio che la Commissione sta cercando di lanciare è il medesimo per tutti, esistono differenze tra caso italiano e spagnolo. Entrambi gli esperti consultati dal Foglio, concordano sul fatto che se il governo Meloni ha fatto ricorso ai poteri speciali previsti da una normativa europea come il golden power, Sánchez ha potuto contare su una legislazione che in quel paese lascia massimi spazi di autonomia in caso di fusioni e acquisizioni bancarie e in cui il ministro dell’Economia gode di un discreto potere anche in materia di concentrazioni.
“La Commissione ritiene che ci sia stato un abuso di questo potere – dice Scarduelli – e sta cercando di salvaguardare il ruolo della Bce per fare in modo che quando un’operazione bancaria venga autorizzata dalla vigilanza europea non possa essere messa in discussione dagli stati”. Di Giandomenico osserva che il punto debole del caso italiano è stato la mancanza di confronto con la Commissione sulle ragioni del ricorso al golden power. La Commissione ha detto di non vedere come un’aggregazione possa minacciare la sicurezza pubblica in Italia e di non conoscere casi in cui le fusioni tra due banche possano costituire una minaccia. E’ possibile dargli torto?