Ma quanto è bravo Superman. E quanto è bello, forse pure troppo. Il kryptoniano creato da Jerry Siegel e Joe Shuster nel 1933 è uno dei primissimi supereroi della storia del fumetto. Eppure, tolti gli adattamenti cinematografici degli anni Ottanta, gli ultimi film sull’eroe azzurro non sono riusciti a renderlo tanto più simpatico agli occhi del pubblico. D’altronde, la concorrenza è agguerrita. Prendiamo il “collega” della Dc comics Batman: traumatizzato a vita dall’immagine dei genitori freddati a colpi di pistola e cresciuto da solo in una città oscura e criminale. Riusciamo a entrarci in empatia, soffriamo con lui quasi come se quel peso fosse anche un po’ nostro. Anche Superman è orfano, ma non ha mai vissuto il lutto: è stato impacchettato e spedito sulla terra prima che il suo pianeta esplodesse, vivendo in panciolle nella campagna americana. E poi è bello, pieno di muscoli, si certo un po’ impacciato nel
mantenere la sua doppia identità, ma quando sai volare e spezzare i tir come grissini (più tanti altri poteri) che problema vuoi che sia?
Il nuovo film di James Gunn uscito a luglio punta esattamente a rivoltare questa domanda. Quanto è pericoloso essere imbranati quando sei un semidio?
Il Superman interpretato da David Corenswet è un po’ scemo: prende decisioni affrettate, cerca goffamente di atteggiarsi, si fida ciecamente del primo che gli capita e gestisce a fatica le emozioni. Si fa persino pestare dal suo (super) cane indisciplinato. Tutto ciò però ha implicazioni gravi, tanto nella vita di coppia quanto nella sua immagine pubblica. Decide infatti di fermare a suon di pugni l’invasione di uno stato da parte di un grosso alleato militare degli Stati Uniti, entrando a gamba tesa in una questione di politica internazionale più grande di lui. I buoni sentimenti e l’amore per la pace non bastano a giustificare il suo interventismo, che anzi viene visto da molti come un rischio per l’umanità. Di cui lui, in teoria, neanche fa parte.
In questo Superman non ci sono più cabine telefoniche in cui indossare il mantello (e le mutande rosse). In compenso ci sono internet, selfie e social network. E ovviamente l’hating online, manipolato ad arte per gonfiare fake news e maldicenze ai danni del kryptoniano. La strumentalizzazione dei social assomiglia a quella che si vede in The Boys, serie culto di Prime video dove l’impasto tra supereroi e politica è ancora più accentuato e brutale. Qui di sangue se ne vede poco. Dominano invece i colori pastello del suo costume e la luce brillante del sole: è un Superman ottimista, per quanto ingenuotto. Per lui ogni vita conta, dai bambini agli scoiattoli. Ma nel suo spirito eroico non c’è nulla di pomposo o stucchevole, perché a farlo volare è una sincera voglia di aiutare il prossimo.
Superman è il supereroe meno rilevante, ma questa forse è la sua più grande forza, secondo il The Economist. Negli anni, infatti, gli eroi hanno dominato il grande schermo con storie sempre più barocche e tamarre, con trame squagliate in miriadi di film pensati più per fare cassetta che per creare un universo narrativo coerente e comprensibile. Vale sia per la Marvel –con pellicole via via più comiche e macchiettistiche – ma anche per la stessa Dc e la sua soffocante atmosfera dark. Il film di James Gunn volta pagina, anzi ritorna all’inizio per recuperare il buon cuore del Superman interpretato da Christopher Reeve dal 1978 al 1987, se non proprio lo spirito del fumetto classico. Usciti dalla sala ci sembra strano pensarlo ancora come un alieno distante da noi. Si certo, spara laser dagli occhi, ha la vista a raggi x, vive in mezzo al ghiaccio e il suo soffio sposta le montagne: dettagli. È un uomo che vola, ma pur sempre un uomo.