Tour de France 2025 | Una giornata da Thymen Arensman

Thymen Arensman ha vinto la quattordicesima tappa del Tour de France 2025 al termine di una lunga fuga tra i Pirenei. Pogacar e Vingegaard si ritrovano vicini in salita. Remco Evenepoel si ritira dalla Grande Boucle

Per un giorno i corridori del Tour de France 2025 sono stati invidiati da un gran numero di persone. Succede mai che la gente invidi i ciclisti e chi lo fa non sa evidentemente cosa sta invidiando. E non succede mai perché a pedalare per centinaia di chilometri è una faticaccia, figurarsi quando la strada sale e si va a tutta per staccare gli altri. Non era per quello però che sono stati invidiati. Ma per quella pioggerella che sembrava assai fresca che cadeva loro in testa. E se non tutti sanno di quanta fatica fanno i corridori, quasi tutti conoscono la sensazione di freschezza e piacevolezza della pioggerella estiva. E in giorni nei quali il sole e il sole sono tornati a battere in testa, rimbombanti di allerte caldo e temperature da forno, una pioggerella estiva è una libidine non da poco. Quello che non si ha, o che si ha in scarsità, ci appare sempre più desiderabile di ciò che abbiamo in abbondanza.

Thymen Arensman ha talento in abbondanza e scarsità di vittorie, nonostante venticinque anni non siano poi tanti e di anni da pedalare ne abbia diversi davanti. Thymen Arensman è un’altalena di corridore, uno capace di correre pedalare ad alta quota come i migliori e andare in crisi su di una montagnola di poco conto alla periferia dell’impero ciclistico europeo.

Tra i Pirenei Thymen Arensman si è voluto donare una delle sue giornate buone. Ha ottenuto la solitudine dell’uomo da solo al comando sul Col de Peyresourde (7,1 chilometri all’8.1 per cento di pendenza media), terza salita e penultima di giornata dopo qualche ora passata a inseguire l’azzardo a pois di Lenny Martinez sul Col du Tourmalet e sul Col d’Aspin.

Nei chilometri che conducevano alla cima del Peyresurde, Thymen Arensman ha cercato di dilatare il più possibile la sua giornata buona. Poi, verso Superbagnères, l’ha difesa con caparbietà, senza pensare troppo a ciò che gli accadeva alle spalle, cercando di spingere sui pedali il più possibile senza strafare. Thymen Arensman ha imparato a non essere più il ganassa di un tempo, a darsi un tono e una misura, a capire che strafare può essere eccitante, ma quasi sempre rimane indigesto.

Non si è girato mai Thymen Arensman, ha sempre guardato avanti, in attesa di vedere lo striscione d’arrivo, di passarlo per primo, soprattutto di scendere di sella, sedersi sull’asfalto e vedere l’effetto che fa vincere al Tour de France. E soprattutto vincere tra i Pirenei, su quelle strade ancor più crude e arcigne dei nomi che portano.

Si fosse girato non sarebbe comunque riuscito a vedere Jonas Vingegaard scattare e staccare, per qualche metro e secondo appena, Tadej Pogacar. Una piccolo illusione, più che una piccola realtà. Non aveva fretta di raggiungerlo, sapeva benissimo che ci sarebbe riuscito, che non avrebbe fatto troppa fatica a riprenderlo. Lo ha ripreso subito infatti, poi non gli ha lasciato un metro e sotto l’arrivo l’ha pure staccato, aggiungendo qualche manciata di secondi ai minuti di vantaggio che ha già messo in cascina.

Avevamo bisogno però di rivederli assieme, nella stessa inquadratura, uno dietro l’altro. Attaccarsi, affannarsi, inseguirsi, provarsi a staccare. Nella solitudine si nasconde certamente la meraviglia del ciclismo, ma qui siamo bocche buone, gente che si ricorda ancora del Covid e che quindi si ricorda dell’isolamento e che preferisce la socialità ciclistica.

Una manciata di secondi che però conta assai meno della convinzione di Jonas Vingegaard che il finale di questo Tour de France non sia ancora scritto, perché forse Tadej Pogacar è il più forte di tutti e tra i più forti di sempre, ma lui lo ha battuto due volte e questo vorrà pur dire qualcosa. Si appiglia a tutto Jonas Vingegaard, anche a sottigliezze, a sciocchezze forse, ma cosa c’è di meglio di una sciocchezza per rinfrancare il morale?

Avrebbe avuto bisogno di una gran bella sciocchezza Remco Evenepoel. Non è riuscito a trovarla però nei primi chilometri della quattordicesima tappa del Tour de France 2025. E salendo verso la cima del Col du Tourmalet ha iniziato a smarrire prima la pedalata e poi la speranza. Si è staccato. È piombato in un crepaccio nero come ciò che c’è negli occhi di chi considera la sua disperazione unica e insormontabile. Sono uniche e insormontabili tutte le disperazioni, proprio per questo non ce ne sono di granché speciali.

Remco Evenepoel è sceso di sella, ha lasciato la bicicletta ai meccanici, è salito in ammiraglia, ha abbandonato il Tour de France.

Il suo posto sul podio virtuale lo ha preso Florian Lipowitz, ancora il più speciale degli umani in bicicletta dietro a quei due, ai soliti due. Gli è stato vicino a lungo sulla strada che portava a Superbagnères. Si è messo alla loro ruota. Le ha mollate solo quando hanno iniziato a scherzarsi, a cercare di farsi uno più bravo e più bello dell’altro. In quel momento li ha lasciati al loro divertimento, ha deciso che era meglio evitare di bruciarsi muscoli e polmoni per stare con loro. Capiterà, ne è e ne siamo sicuri, ma non però sui Pirenei, soprattutto non in questi giorni e forse nemmeno a questo Tour, ma capiterà.

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