Un faro parla nel buio con la sua luce, come una voce antica. Un segnale fraterno e silenzioso, che indica rifugio agli uomini del mare
La notte, il faro di Capo Testa si vede da lontano. Anche da qui, sulla strada per Castelsardo, verso est scorgi quel lampo ritmato, uguale: un secondo di luce, due di buio, un secondo di luce nel nero delle Bocche di Bonifacio, due di buio. Poi, una più lunga pausa di buio. E di nuovo, uguale, il lampo bianco. Ho scoperto che ogni faro ha una sua voce: la combinazione di luce e buio è diversa per ciascuno. Come una frase. Come un linguaggio Morse. Là a Santa Teresa, il promontorio del faro è bello da togliere il fiato. Gobbe e lame di rocce rosa carezzate da milioni di anni di vento. Una roccia è foggiata come il copricapo di una monaca: la Monachella, e davvero sembra una suora in preghiera. Su questo arcano teatro di pietre c’è il faro, alto più di venti metri, dentro a una grande casa bianca dove, suppongo, non abita più alcun guardiano. (Come avrei voluto essere il guardiano di un faro. Ma, certamente, tutto è ormai digitalizzato).
In cima alla torre la camera di vetro della lampada, tondeggiante, nel sole dorme. Di giorno non serve il faro, ai naviganti. È di notte, quando il mare e il cielo sono un immenso pozzo nero, che gli occhi degli uomini, dal largo, cercano il faro. Mi commuove, che sulle coste di ogni mare gli uomini abbiano costruito torri per quanti nella notte, magari nella tempesta, sono al largo. E’ un gesto profondamente fraterno quel raggio lanciato a decine di miglia di distanza, come un sentiero: qui c’è la terra, qui c’è un approdo e un porto, qui troverete uomini, e rifugio.
Il faro di Capo Testa è del 1845, quando evidentemente non si aggiravano più predatori e saraceni al largo della Gallura. Prima, da questa spiaggia di Vignola si vegliava il mare dalla Torre aragonese, un fortino di pietra massiccio e ostile. La Torre, da cui le scolte segnalavano con le torce, ad altre torri sulla costa, l’avvicinarsi di un nemico, era la guerra; il faro, è la pace. Mi chiedo, in questa notte sul mare di inchiostro, che frase pronunci, il faro di Capo Testa.