Meloni sfida i mozzorecchi e offre un assist per ribellarsi alla casta dei pm

Il passo della premier rompe il silenzio, ma chi dovrebbe parlare tace ancora. In gioco c’è molto più di un’inchiesta: è la sfida per il controllo del futuro della città e dell’equilibrio tra poteri. Cercasi dignità a Milano

L’incursione di Meloni a Milano non sembra solo un appello onestamente dissimulato a che gli indagati di un’inchiesta giudiziaria, la più politicamente connotata che si possa immaginare, non si calino le braghe di fronte alla procura. In ballo, abbastanza chiaramente e senza bisogno di evocare complotti, c’è la divisione delle carriere tra accusa e difesa, cioè la riforma vera e dalle conseguenze più durature della prima stagione del governo di centrodestra. Milano è da quasi mezzo secolo quel che si dice una procura d’avanguardia. Sceglie con cognizione di causa e senso politico il momento in cui radunare una folla di elementi tratti dal senso comune per tramutarli in mandati di cattura e incriminazioni politicizzate di una classe dirigente. Nelle carte delle sue indagini è scritto in modo molto chiaro il loro genoma politico, l’appello alla solidarietà sociale e mediatica risuona cristallino. Avete voluto fare i grattacieli? Mobilitare investimenti? Sveltire le procedure e disboscare la selva normativo-burocratica che imbriglia le amministrazioni che non ce la fanno a modernizzare e incentivare lo sviluppo?

Bene, ora vi facciamo vedere come, con l’aiuto delle maledizioni a mezzo stampa, delle inchieste che precedono e preparano il terreno delle indagini, e con una ferrea sebbene subdola e indiretta critica sociologica del capitalismo e dei suoi meccanismi, è possibile mettervi in condizioni di non nuocere, dividervi e regnare su di voi preparando un avvenire migliore per tutti e un nuovo impulso a un sistema politico come quello che le inchieste di Mani Pulite avrebbero dovuto generare alla luce delle torce e dei movimenti di opinione che le accompagnavano sotto la grande gogna collettiva che bruciò il corpo della Prima Repubblica. Perdere Milano per noi del partito togato non si può. Quella è la città che assunse la leadership del cambio di Repubblica, salvo la sorpresa sgradita del berlusconismo, e preparò, con il Corrierone alla testa e la grande alleanza del populismo di sinistra e di quello di destra, la via reale allo scasso del sistema. Milano è la città delle banche, della finanza, dell’industria, del consumo e dell’immagine, della cultura sviluppista, della solidarietà sociale vera e del lavoro, delle costruzioni e delle decisioni urbanistiche rapide: tutti fenomeni da criminalizzare, mentre declina la mosca cocchiera di Mediobanca e sfiorisce l’uso politico del Corriere.

Meloni che scende in campo in modo istituzionalmente impeccabile, e a sorpresa con Guido Crosetto fa sbollire le ansie demagogiche e municipalistiche dell’opposizione comunale di Palazzo Marino, è un segnale di un certo interesse civile e politico. Non è solo metodologia garantista. Se avessero un po’ di grinta, e le bocche scucite, e un carattere, quelli che hanno governato trasversalmente lo sviluppo necessario di Milano e che, al netto di qualche consulenza avida che fa capolino e di qualche conflitto di interessi senza vera importanza, non sembra proprio siano caduti nell’equiparazione di corruzione e profitto, avendo messo il funzionamento d’impresa e la realizzazione di opere e la raccolta di investimenti e la riqualificazione della città prima dello scambio e del mercimonio, aprirebbero lunedì prossimo a Palazzo Marino un capitolo politico dell’intera faccenda. Farebbero un ragionamento serio sulla stagione del fermo e dell’imbragamento, per decenni dopo Mani Pulite, sul tentativo di riscattare un luogo decisivo della ricchezza e dello slancio tecnologico italiano, tornerebbero su idee, cultura e prefigurazione di una città competitiva con il resto d’Europa, denuncerebbero la pretesa palmare di mettere le mani su un nuovo blocco civile economico e sociale sgradito da parte di una casta che vuole decidere al posto di elettori e forze politiche. E renderebbero chiare tutte quelle cose che restano oscure e che riguardano anche l’imminente battaglia per la guida del comune. Lo faranno? Reagiranno con un minimo di orgoglio all’intemerata dei giudici? Si faranno forti del diniego di Meloni, che rompe un fronte di antica data, a una grande ammucchiata demagogica per sacrificare Milano alla chiacchiera facile anticorruzione? Ne dubito, ma spero.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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