Un politico che commette un reato va processato. Un sistema giudiziario che trasforma la politica in reato va condannato. Gli arresti, le zone grigie e la differenza tra responsabilità individuale e criminalizzazione di un modello
Qual è il dito e qual è la luna? La procura di Milano ha aggiunto un altro tassello alla sua pervasiva azione di bonifica del cosiddetto “modello Milano” e nella mattinata di ieri ha chiesto l’arresto di sei persone, compreso un assessore della giunta Sala, sulla base di una serie di accuse: corruzione, falso, abuso d’ufficio e violazione delle norme sul conflitto di interessi. Secondo gli inquirenti, gli indagati avrebbero favorito progetti urbanistici di soggetti privati in cambio di incarichi e compensi, alterando il corretto funzionamento delle procedure valutative. Il tempo ci dirà se le accuse mosse dalla procura troveranno riscontri oggettivi e il tempo ci dirà se nel corso delle indagini emergerà qualche elemento utile a dimostrare quello che oggi non è dimostrato in modo incontrovertibile, ovverosia che i comportamenti contestati sono stati realizzati in modo inequivocabile perché gli indagati hanno ricevuto benefici: i sospetti sono importanti, in un’indagine, ma le correlazioni lo sono ancora di più.
Il tempo ci dirà, insomma, se l’operazione portata avanti ieri dalla procura di Milano sia solida, come ci si augura, o sia invece fragile, cosa che si teme, e se sia stata cioè dettata più dalla presenza di un reato evidente, di una pistola fumante, non di una semplice pistola, o dalla presenza di una volontà diversa, ovvero quella di trasformare in un meccanismo corruttivo la zona grigia che in politica esiste nell’ambito della collaborazione tra pubblico e privato in ambito urbanistico: fino a prova contraria il lobbismo, anche quello più spinto, non è necessariamente un reato. Il tempo ci dirà, dunque, se l’inchiesta è solida o no. Ma quello che meriterebbe di essere messo a fuoco, attorno a questa vicenda giudiziaria, già da oggi, è un altro punto e coincide con il tema da cui siamo partiti: qual è il dito e qual è la luna? La luna, ovvero il bersaglio grosso, non è tanto un assessore del comune, non è neppure il sindaco Beppe Sala, ma è un qualcosa che ha a che fare con il modello di trasformazione urbana che la procura di Milano ha messo sotto accusa da tempo.
Un modello fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla rapidità decisionale, attraverso cui Milano ha attratto capitali, ha generato ricchezza, ha creato posti di lavoro attraverso una rigenerazione capillare di aree industriali dismesse, trasformate in spazi pubblici, in uffici, in nuovi edifici residenziali. L’oggetto del contendere, responsabilità individuali a parte dell’indagine emersa ieri, è da mesi questo. L’amministrazione comunale, sulla base di una legge regionale del 2005, ha dato la possibilità di portare avanti iter burocratici relativi ad alcune operazioni urbanistiche passando dagli uffici del comune e dalla commissione edilizia senza dover invece passare dalla giunta (cosa che secondo la procura non si doveva fare) e ha dato la possibilità di velocizzare alcune operazioni urbanistiche (ad esempio il passaggio di un edificio industriale a fabbricato residenziale) adottando uno strumento semplificato (la ristrutturazione) piuttosto che uno più complesso (la costruzione). La procura, in questi mesi, ha scelto di trattare gli strumenti di semplificazione come se questi fossero favori espliciti alla speculazione. E il risultato di questa azione, la criminalizzazione dell’efficienza urbanistica, è stato questo: 200 progetti fermi, blocco di circa 5 miliardi di investimenti diretti e circa 38 miliardi di prodotto perduto nei prossimi 5 anni nell’intera filiera industriale che fornisce prodotti e servizi per l’edilizia a Milano, un rischio complessivo per il pil italiano tra edilizia, servizi e industria stimato dall’Unione immobiliare a -5 per cento in tre anni e la trasformazione di Milano da città stabile, affidabile e culla degli investimenti a città in cui gli investitori capiscono che la certezza del diritto è messa a rischio dalle discrezionalità interpretativa di un pool giudiziario.
Distinguere la responsabilità individuale di un eventuale reato dal tentativo di trasformare in reato un modello di efficienza non è un esercizio retorico. Ma è il cuore di una battaglia politica semplicemente cruciale per la tutela dello stato di diritto di un paese. L’espansione veloce di una città può non piacere, può destare preoccupazioni, può destare perplessità. Ma trasformare la discrezionalità del decisore pubblico, compreso il tentativo di cercare una via per provare a essere più efficienti, in un atto illegittimo è un passo verso la trasformazione in reato del mestiere della politica. Un politico che commette un reato va processato. Un sistema giudiziario che trasforma la politica in un reato va condannato. La politica, a Milano, ha avuto un’occasione per difendere se stessa dall’attivismo delle procure. A fine 2024, i partiti di maggioranza e quelli di opposizione, come ricorderete, hanno approvato alla Camera (non al Senato) il famoso “Salva Milano”, il cui obiettivo non era quello di dare l’immunità agli eventuali corrotti (anche con il “Salva Milano” l’inchiesta sulla corruzione vi sarebbe stata) ma riconoscere la corretta interpretazione delle norme fatte in questi anni dal comune di Milano.
Il “Salva Milano” è stato promosso dal sindaco di Milano, sostenuto da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Pd e successivamente è stato tristemente affossato dallo stesso sindaco di Milano, all’indomani delle dimissioni dell’assessore alla Casa Guido Bardelli, le cui chat private con l’ex dirigente comunale arrestato Giovanni Oggioni sono finite in un filone delle inchieste della procura di Milano. Il tempo ci dirà se gli inquisiti hanno commesso i reati di cui sono accusati. Ma non bisogna aspettare molto tempo invece per ricordare quella che dovrebbe essere un’ovvietà: un conto è occuparsi di un politico che potrebbe aver commesso un reato e un altro è accettare che la magistratura trasformi la politica in un reato. E quando la politica sceglie di abdicare al suo ruolo, decidendo di non opporsi alle esondazioni di una procura, anche la migliore inchiesta del mondo può diventare uno strumento utile per dare ai magistrati un potere di cui non si sente il bisogno: la possibilità di diventare dei garanti del rispetto dell’etica, non della giustizia, e la possibilità, da garanti dell’etica, di occuparsi non solo di crimini commessi ma anche di criminalizzare il mestiere della politica. Occhi aperti e vigilare.