L’ex deputato di An spiega perché il taglio dei vitalizi, confermato ieri dal collegio d’appello della Camera, è una spesa ingente per il Parlamento. Al di là della retorica
“Il colleggio d’appello di Montecitorio ha mancato di coraggio”. In che senso? “La delibera Fico è stata sbandierata dal Movimento 5 stelle. Anzi, si può proprio dire che dal 2018 è stato il loro vessillo anti-casta. Peccato non aver mai capito, però, che alla casta quella delibera è stata utilissima”. Le parole sono di Mario Landolfi, già deputato di Alleanza Nazionale e ministro delle Comunicazioni del terzo governo Berlusconi, che poi aggiunge: “E’ il classico caso dei costi che superano i risparmi. Ma il colleggio d’appello ha voluto seguire il M5s. E se n’è lavato le mani”.
Il Foglio raggiunge Landolfi subito dopo l’esito della sentenza del collegio d’appello di Montecitorio che ha rigettato il ricorso dei 900 ex parlamentari, tra cui lui, che chiedevano di rivedere la delibera Fico. E cioè quel provvedimento, intestato all’ex presidente della Camera, Roberto Fico, papabile candidato alla presidenza della regione Campania, che ha da allora stabilito che i vitalizi degli ex parlamentari fossero ricalcolati con il metodo contributivo, applicando la riforma in modo retroattivo anche a chi era già in pensione.
“Nessuno dice – continua Landolfi – che la delibera Fico, all’articolo 3, ha previsto anche la rivalutazione annua dell’assegno pensionistico”. Sicché? “Sicché questa rivalutazione, col passare del tempo, si è fatta sempre più onerosa per la camera dei Deputati. La delibera è entrata in vigore nel 2019. Oggi siamo nel 2025. La rivalutazione è annuale. Quindi molti di noi hanno già inoltrato alla Camera la diffida per ottenere l’adempimento dell’articolo 3. Senza considerare la fase successiva”. Ossia? “Ossia la presentazione dei decreti ingiuntivi. I quali ci pongono fuori dall’autodichia”. La sentenza di oggi, infatti, è in capo al collegio d’appello della Camera. “Ecco, se parliamo dei decreti ingiuntivi c’è invece un giudice ordinario a decidere nel caso la Camera dovesse opporsi alla rivalutazione. Fatto peraltro bislacco”. Perché? “Perché non è che la delibera Fico vale per metà, e che quindi la rivalutazione non vale. A ogni modo, ritraendosi dall’adempimento dell’articolo 3, la Camera si è esposta a una ritorsione ben più onerosa sotto il profilo delle finanze”. In sintesi: i costi hanno superato i risparmi.
“Aver bocciato il nostro ricorso avrà degli effetti-paradosso, assai onerosi, che nessuno ha posto in evidenza”. Effetti, ovvero frutti avvelenati di un albero avvelenato? “L’albero della demagogia”. Tra i 900 ricorrenti, la stampa ha sottolineato la presenza di Ilona Staller, Gino Paoli a altri artisti ed ex parlamentari che hanno appena sfiorato Montecitorio eppure godono dell’assegno pensionistico. “Escamotage. Ci sono degli artisti che hanno occupato i seggi per poco, certo. E tuttavia è in malafede assumerli quali massimi rappresentanti della categoria. Anche perché, parlo da ex parlamentare, il politico sta e vuole stare in Parlamento fino alla fine. E cioè finché non viene messo da parte, come è capitato a me, o non viene rieletto. I parlamentari non aspirano al vitalizio, ma a fare politica. E poi: avrebbero tolto la pensione a Moro o Berlinguer?”.
Giuseppe Conte in prima linea, seguito da altri esponenti di spicco del Movimento, ha detto che “il vitalizio è una misura da Unione sovietica, dove si creano rendite di posizione e privilegi per classi dirigenti”. Retorica plebiscitaria? “Demagogia, appunto”. Però il leader del M5s pone il contrasto con la soppressione del reddito di cittadinanza e le famiglie in povertà. Anche qui: mobilitazione del malcontento? “Il punto, al di là del principio, è che loro hanno sempre detto: ‘Difenderemo la delibera Fico con le unghie e con i denti’. Bene. Peccato non aver mai considerato che i decreti ingiuntivi, come ho spiegato prima, mettono la Camera in braghe di tela. Incidono sulle finanze. Escono fuori dalla politica. Quanto ai principi, invece…”. Sì? “Il vitalizio è precisamente la libertà economica di chi fa politica. Se non ci fosse, in Parlamento avremmo solo i tycoon di cui ci lamentiamo”. I tycoon, in Italia, difettano da un po’. “Vero”. E forse lei, comunque, visti i trascorsi, li preferisce ai demagoghi. “Questo è un dogma: meglio i tycoon dei grillini”.