Oggi non c’è quasi più differenza fra molti libri di storia a protagonismo femminile e le protagoniste di romanzi e romance: tutte sempre impavide nel combattere per la propria libertà, per la propria affermazione, poco sensibili alle sirene dell’amore. Con il rischio di una nuova affermazione dell’odioso patriarcato
Devo confessarlo: non ne posso più di queste donne che spuntano da tutte le parti. Sì, proprio io, vecchia femminista e per di più storica, che ormai mille anni fa ero stata fra le prime a militare per la storia delle donne, a dire che bisognava rivedere tutta la storia ricordandosi che esistevano anche le donne. Confesso anzi di aver appartenuto alla corrente più avanzata delle storiche, quella che diceva addirittura che non bastava aggiungere donne alla storia degli uomini, ma che bisognava ripensare la storia dal punto di vista delle donne, cioè come l’avevano vissuta le donne. E questo, voglio precisarlo, ben prima, molto tempo prima, della nascita del pensiero woke.
Ma adesso, davanti alla pioggia continua di libri di storia – più o meno seria – che rivelano come in realtà sia il ponte di Brooklyn che la tour Eiffel siano stati costruiti dalle mogli degli ingegneri che li hanno progettati e non dagli ingegneri stessi, adesso che sembra che sempre e ovunque le donne abbiano costituito il nerbo di ogni novità, di ogni impresa, che sono state le protagoniste di qualunque cosa anche se naturalmente le abbiamo dimenticate, adesso mi sento soffocare e provo perfino una leggera nausea.
In testa agli eventi più riletti in questa luce c’è la Resistenza. Ormai da anni la Resistenza è un terreno arato quasi solo per dire che l’hanno fatta soprattutto le donne, anche se in realtà i libri che si susseguono per provarlo sono in gran parte eredi delle prime e lontane opere scritte dalle due autrici che si sono dedicate a ricerche di questo tipo, Annamaria Bruzzone e Rachele Farina: oggi così dimenticate che è stato rubato loro perfino il titolo – La resistenza taciuta – che a suo tempo avevano dato al loro libro. Da notare infine come all’alluvione storica odierna sia affiancata anche da una corposa narrativa di stile quasi romance destinata a confermare la nuova visione del mondo, con protagoniste partigiane puntualmente brave e coraggiose come si deve. E bisogna ammettere che talvolta il romanzo è meglio della storia.
La novità, infatti, è che oggi non c’è quasi più differenza fra i libri di storia a protagonismo femminile – una larga maggioranza – e le protagoniste di romanzi e romance; tutte donne sempre impavide nel combattere per la propria libertà, per la propria affermazione, poco sensibili alle sirene dell’amore (dal momento che i maschi, come si conviene, sono sempre e comunque patriarcali). Ma non era così, non era per dispensare questo rosolio che tanti e tanti anni fa l’avevamo progettata la storia delle donne. Basta vedere i tre splendidi profili di donne scritti da Nathalie Zemon Davis, così lontani dai luoghi comuni e dall’apologia. Eppure ho il sospetto che questa ondata di donne dappertutto che ci affligge sia colpa nostra, di noi vecchie storiche femministe. Così come colpa nostra sarà l’ondata di rifiuto che ovviamente ne deriverà, e che porterà a risultati simili a quelli a cui sta portando l’effimera ma sciagurata affermazione dell’ideologia woke: una nuova affermazione dell’odioso patriarcato.