“Noi abbiamo governato per due mandati e abbiamo speso oltre sei miliardi di euro in opere pubbliche, un record”, dice Albertini. “Ma non abbiamo ricevuto neanche un avviso di garanzia”. E ora che fare con l’enorme danno di immagine ed economico per la città?
Un fulmine si abbatte su Milano: inchiesta sull’urbanistica, richieste di arresto per l’assessore Giancarlo Tancredi e l’imprenditore Manfredi Catella, blocco di cantieri, sgomento per indagini ancora misteriose su figure chiave tra chi ha lavorato a progetti importanti per il rinascimento della città, dall’Expo 2015 a Citylife alla Darsena, tra grattacieli e boschi verticali. Volano parole pesanti (“piano regolatore ombra”, “ipotesi di turbativa”) e, a monte dello svolgimento processuale, viene penalizzata l’immagine di quella che forse è l’unica città europea d’Italia, governata negli ultimi vent’anni da giunte di destra e di sinistra che hanno contribuito a renderla quella che è oggi. Anche per questo, di fronte alle richieste di dimissioni che dal centrodestra piovono sulla giunta di centrosinistra, l’ex sindaco di Milano (tra il 1997 e il 2006) ed ex senatore di centrodestra Gabriele Albertini raccomanda “cautela nel chiedere sfracelli” e invita “al rispetto per la funzione esecutiva di chi governa la città, oltre che per l’azione giurisdizionale che vive in una dimensione del tutto soggettiva”. Pur premettendo che gli è “difficile entrare nel merito delle accuse non conoscendo gli atti”, e quindi esprimendo intanto “un’opinione di carattere generale” sulla base delle prime informazioni, Albertini ricorda il lavoro, fatto negli anni da senatore, come primo firmatario del progetto di legge sull’ingiusta imputazione, poi approvata nella legislatura successiva su impulso di Enrico Costa e Giacomo Caliendo. “Prima”, dice Albertini, “non c’era possibilità di essere risarciti per le ingiuste imputazioni, ma solo per ingiusta detenzione. Allora mi ero preoccupato di sapere quanti sarebbe stati gli innocenti da risarcire secondo criteri rigorosi, non per prescrizione o con formula dubitativa. Ne uscì una cifra spaventosa: circa 90 mila all’anno. Ecco, è anche in base a queste considerazioni che, quando si parla di indagini e accuse, mi sembrerebbe quantomeno appropriato considerare la possibilità di un’ingiusta imputazione, tanto più che si parla di personalità che hanno contribuito allo sviluppo di Milano”. C’è un altro aspetto che l’ex sindaco sottolinea, pur “non volendo dare lezioni a nessuno”: “Noi abbiamo governato per due mandati e abbiamo speso oltre sei miliardi di euro in opere pubbliche, un record, facendo arrivare oltre 30 miliardi di capitali dall’estero e cambiando lo skyline della città. Ma non abbiamo ricevuto neanche un avviso di garanzia. Siamo stati solo fortunati o abbiamo fatto qualcosa perché questo avvenisse?”. Albertini dice di aver cercato di “prevenire” problemi di questo tipo, instaurando “con la procura un rapporto quasi simbiotico e mettendo in piedi un sistema di internal auditing, in modo da poter avere un controllo capillare non soltanto su norme e procedure, ma anche sulla congruità economica degli affidamenti”. Obiettivo: “Mettersi al riparo”, dice Albertini, “da errori, opacità e interpretazioni non appropriate, non necessariamente dolose o criminali”. L’ex sindaco ha “massimo rispetto per la giurisdizione”, ma pensa che “10.151 magistrati in pianta organica in Italia siano un numero tale da poter contenere santi e geni, qualche delinquente matricolato e una massa mediamente capace, come tra gli avvocati, i giornalisti, le varie professioni. La curva di Gauss vale per tutti noi. Quindi ripeto: attenti nel chiedere dimissioni. C’è quel dato dei 90 mila ingiustamente imputati l’anno, e una condizione tutta da chiarire. Per non parlare dei danni colossali per famiglie che avevano già investito dei capitali nei palazzi in costruzione e dell’impatto sullo scenario imprenditoriale estero del coinvolgimento di un immobiliarista del livello di Manfredi Catella”. A questo punto ad Albertini viene in mente il Montesquieu de “Lo spirito delle leggi”, quando parla di “terribile potere del privare della libertà” e anche Enzo Tortora, quando parlava delle tre categorie di persone che non rispondono dei propri errori: i bambini, i pazzi e i magistrati. “Se non basta”, dice l’ex sindaco, “basta citare la legge: ‘Nessun magistrato può essere sottoposto a provvedimento disciplinare per valutazione delle prove e interpretazione delle norme’. La Chiesa cattolica ha nominato come dogma di fede l’infallibilità di una persona, eletta dallo Spirito Santo; la Repubblica italiana invece definisce 10.151 persone in pianta organica infallibili e irresponsabili sul piano disciplinare. Mi sembra abbastanza per indurre alla cautela”. Danno e beffa scendono con la sera sulla Milano che viveva un momento di grazia. Dire “peccato” forse non basta. “Spero lo pensino anche gli inquirenti”.