L’ora dei maestri perduti

La recensione del libro di Lorenzo Pavolini e Flavio Santi edito da Italosvevo, 176 pp., 16 euro

Portavoce di Moravia, lo chiamava con perfidia Giorgio Bocca. “Generalissimo” di Nuovi Argomenti, lo chiamava l’allievo Roberto Saviano. Il nome di Enzo Siciliano inizia a scomparire, scivola via la sua figura che era stata così centrale in quella repubblica delle lettere tra via Veneto e Casa Bellonci (tanto più che adesso la cinquina si fa a Benevento), quando dirigeva la rivista letteraria Nuovi Argomenti o la Rai e scriveva romanzi e saggi, come la biografia dell’amico Pasolini. Inizia a esser dimenticato Enzo Siciliano, fino a quasi vent’anni fa un pilastro, che nella sua rivista di via Sicilia cresceva le “giovani promesse” (cit. Arbasino) per guidarli nel mondo delle lettere, come appunto Pavolini e Santi, hanno conosciuto molto bene “Enzo”. Con “L’ora dei maestri perduti” cercano di salvarne la memoria. Provano a tenere viva, agganciata ai propri ricordi, la sua immagine e la sua opera, salvaguardarne l’icona con aneddoti e citazioni, anche per ricordare un’editoria e un mondo letterario ormai finiti, così come lo sono i grandi buffet allo Strega (ora ci si accontenta giusto di un gelatino sponsorizzato). E tra i tanti aneddoti raccontati fa specie quello di un Siciliano sempre elegante che a un evento al Salone nel ’94 andò a presentare una collana per Giunti di letteratura del Novecento Italiano (Banti, Petroni, Alvaro…). Lì c’è Baricco che si vanta di non aver mai letto Corrado Alvaro, e nemmeno gli altri, perché non ne avrebbe avuto il tempo, preferendo “migliorare il rovescio a tennis e uscire con la fidanzata”, e Cotroneo “rincara la dose” dicendo che questa roba non ha più senso perché ora c’è Pulp fiction. L’epoca dei ristoranti di Piazza del popolo dove beccavi i fantasmi di Morante e Moravia iniziava a crollare per cedere pian piano il controllo della scena al modello Scuola Holden (che nasce proprio nel ’94).

L’operazione di Pavolini e Santi è agiografica e affettuosa, oltre che capace in un continuo rimbalzo di nomi “del giro” e abilità di “Enzo”, di identificare i segni di un mondo che non c’è più. Ed è anche un elogio alla figura in sé del maestro “nulla a che vedere con la sicumera e la grettezza degli attuali ammaestratori”. E ancora: la figura del maestro è “perfetta” a livello infrastrutturale, perché “capace di dimostrare la sua esistenza anche e soprattutto qualora non sia presente”. Ci fidiamo di Pavolini e Santi nel pensare che “Enzo” sia stato un “genio”, capace di portare sulla scena gente come Piperno e Albinati. Ma ci chiediamo perché oggi Siciliano non lo si legga più. I suoi libri hanno smesso di avere urgenza? O erano prodotti legati solo al suo personaggio di “uomo di potere” nella repubblica delle lettere? Oppure ha davvero vinto il modello Holden, che preferisce Sinner all’Otello in prima serata Rai?

Lorenzo Pavolini e Flavio Santi

L’ora dei maestri perduti


Italosvevo, 176 pp., 16 euro

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