L’ebreo immaginario

Ognuno si foggia nella testa un archetipo, a volte per esecrarlo, a volte per tesserne un elogio strumentale. Per tenersi fuori da questo fuoco incrociato di proiezioni e allucinazioni, c’è il nuovo libro di Anna Momigliano sulla società israeliana contemporanea, Fondato sulla sabbia

Parafrasando la battuta di Raymond Aron sul marxismo e le sue applicazioni storiche, potremmo dire che l’alternativa all’ebraismo reale non è un ebraismo utopistico, è semmai un ebraismo immaginario. La formula, oltretutto, non sarebbe nuova. Alain Finkielkraut ne fece il titolo del suo libro migliore, Le juif imaginaire, e più di recente Sarah Hammerschlag ha sospinto sulla scena un suo omologo, l’ebreo figurale (The Figural Jew, The University of Chicago Press, 2010). E’ l’archetipo dell’ebreo che ognuno si foggia nella testa. A volte è per esecrarlo, come fanno gli antisemiti più schietti, che vedono nell’ebreo un simbolo dell’erranza, dello sradicamento cosmopolitico, dello spirito moderno, della critica che corrode come un acido gli idoli pagani della Nazione. Altre volte è per tesserne l’elogio, ma attenzione, è un elogio strumentale, serve a contrapporre questo essere di finzione – che ha gli stessi tratti dello stereotipo antisemita, solo cambiati di segno – a una realtà deludente: trucco ricorrente tra certi antisemiti mascherati (non di rado anche a sé stessi) da amici degli ebrei. Altre volte ancora la fuga nell’immaginario serve a trasformare la parola “ebreo” in un’astrazione allegorica da morality play, così da poter dire, per esempio, che oggi i veri ebrei sono i palestinesi, e che gli israeliani recitano un’altra parte nella sacra rappresentazione, quella dei colonialisti bianchi, razzisti e capitalisti. E’ molto difficile tenersi fuori da questo fuoco incrociato di proiezioni e di allucinazioni persecutorie, tanto più che bisogna schivare anche le pallottole di quei sostenitori di Israele che insistono nell’immaginarsi un paese di fantasia, o a cristallizzare ricordi di mezzo secolo fa.

Lunga promessa per dire che ho trovato rinfrancante la lettura del nuovo libro di Anna Momigliano sulla società israeliana contemporanea, Fondato sulla sabbia (Garzanti), e che mi auguro di imbattermi in altre oasi come la sua, dove si possa bere qualche sorso d’acqua – parziale, come tutti i sorsi – attinta alla realtà e non ai miraggi.

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