Salvini “alla cantonese”. Irritato da Vannacci, insulta la Ue sui dazi, indeciso sul Veneto. Zaia: “Si tratta insieme alla Ue”

Va oggi in Veneto ma deve scegliere se candidare governatore Alberto Stefani o avere la lista Zaia presidente. Attacca il Patto di stabilità, dice “negoziamo da soli” ma serve solo a far dimenticare ritardi di treni

Roma. Si crede Mao il timoniere ma è Salvini alla cantonese. Accantonate ogni speranza. E’ tornato dall’Oriente ripieno come il sushi. Fa gli occhi a mandorla a Trump (che ci stanga) e la tigre (di carta) con von der Leyen. La linea di Salvini è che i dazi fanno male ma la Ue peggio, che con l’America si tratta da soli e che il patto di stabilità, che il suo ministro Giorgetti rispetta, è il patto dei fessi. Salvini sa quanto valgono le sue smancerie a Trump? Dice Zaia al Foglio: “I dazi sono sempre una catastrofe. In Veneto l’export con l’America vale 7.6 miliardi e la bilancia a nostro favore è di 6 miliardi. Ecco perché dico che bisogna andare a trattare e senza complessi d’inferiorità”. Si negozia come Europa? “Come Europa, un’Europa che ha l’occasione unica di diventare vera, solida, di avere standing. La lettera di Trump da una parte è severa e dura ma dall’altra lascia aperta la trattativa come è accaduto con la Cina”.



Il “cantonese” Salvini va oggi in Veneto, a Venezia, per partecipare alla presentazione delle medaglie dei giochi Olimpici di Milano-Cortina dove gli chiederanno: con Zaia che fai? Meglio un candidato leghista o un civico con la lista Zaia? Torna forte l’idea di Matteo Zoppas candidato per il centrodestra che è una vecchia idea di FdI come è vecchia la storia, ma sempre valida, di Meloni che, dice Maurizio Gasparri, può cedere qualcosa agli alleati, una regione, una città, “perché non avete ancora capito che Meloni può passare alla storia o accontentarsi della piccola cronaca. A naso penso che voglia passare alla storia fare cinque anni più cinque di governo”. Salvini o sacrifica la lista Zaia o sacrifica il candidato leghista, Alberto Stefani, e ha intorno il solito Vannacci che dicono comincia a stargli antipatico. Salvini, se solo potesse, cambierebbe anche il direttore del Giornale, il suo vecchio amico, Alessandro Sallusti, che non gli piace più, perché “troppo meloniano”, “non ci aiuta”, meglio Tommaso Cerno, arguto e frizzante. Dicono i leghisti della Liga veneta, i più accessi, i militanti con le stampelle, i fuoriusciti, quelli che non hanno più nulla da perdere: “Salvini è convinto di venire in Veneto a inaugurare un ristorante e non si accorge che ha di fronte un campo profughi”. La Lega Veneta è in attesa. Domani è previsto il vertice decisivo fra leader per decidere chi candidare alla guida della regione, ma Salvini malmena a parole von der Leyen, rilascia un’intervista al Corriere della Sera, all’Omero della Lega, Marco Cremonesi, dove riesce a insultare l’intero vecchio continente, lodare Trumpaccio che negozia come un tappetaro; è un’intervista che riesce a rimuovere il lavoro importante sui conti italiani.

Dice il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé: “Salvini parla come un grillino. E’ inutile”. A Palazzo Chigi hanno letto le parole di Salvini e pensato che è “il solito tenerissimo Salvini. Fa male più a Giorgetti che a Meloni”. E’ il momento Borghi, inteso come Claudio, un finissimo critico d’arte che l’economia purtroppo allontana dal suo vero amore, i quadri, le opere di Alberto Giacometti, lo stesso Borghi che su X ha appena lanciato il sondaggio Dazexit: “Volete che l’Italia vada con Bruxelles o tratti da sola? Votate e fate votare”. E’ naturalmente impossibile trattare da soli, e Salvini lo sa, ma sono tutte azioni di disturbo, come il viaggio in Oriente di Salvini che serve a far dimenticare Salvini.

E’ passata in silenzio la relazione del 10 luglio, dell’Art, l’Autorità di regolazione dei trasporti, che sul famigerato chiodo di Roma Termini ha aperto un procedimento sanzionatorio contro Rfi che “non ha adottato misure idonee a garantire l’esercizio e la manutenzione dell’infrastruttura” e sta passando sotto silenzio, ma non in Lega, l’autocandidatura di Vannacci a premier. E’ l’ennesima sboronata da generale, una delle tante interviste che ormai rilascia a gettoni, l’ultima alla community Politigram, l’idea che “io nella mia vita ho comandato quasi tutta la vita” e dunque “non voglio mettere mani avanti. Certamente sono pronto ad assumermi ruoli di responsabilità”. E intende che è pronto a fare anche il premier. Lui vuole fare il presidente del Consiglio, l’altra vice di Salvini, Silvia Sardone, vuole fare la nuova Salvini, e dice al Tempo che sui “dazi la situazione è colpa di Ursula e di una Ue a trazione tedesca” e si è messo pure Flavio Tosi, l’ex sindaco di Verona, ex leghista, europarlamentare di Forza Italia, che attacca il governo Zaia.

Gasparri che si definisce un “farmacista della politica” spiega che in Veneto il centrodestra può vincere con o senza un dirigente come Zaia che “è un autorevolissimo dirigente della Lega”. E ripete “della Lega” come a fare capire che non si può avere il candidato della Lega e anche la lista di Zaia che vale tre volte la Lega. Salvini sta sottovalutando Tajani che bastonato da Piersilvio Berlusconi, ma protetto da Marina, autorizza Tosi a criticare la gestione leghista. Forza Italia prova a sfiduciare 15 anni di buon governo Zaia e Salvini sfiducia mille giorni di governo Meloni e Giorgetti. A cosa porta? Al momento a nulla. C’è sempre stata la maggioranza che fa anche l’opposizione, ma questa è la prima opposizione rompidigiuno. Serve ad allontanare la fame (di rivali) a mettere sottaceto (il Pd) e a dividersi la soia (le regioni). Salvini non è Bruto ma un involtino. Primavera.

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio

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