Riparte il tavolo per il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici. Le grandi aziende spingono per chiudere e anche il governo punta a un’intesa che eviti tensioni sociali e rilanci i salari. Il gruppo dirigente è chiamato a un esercizio di responsabilità
Oggi si riapre la trattativa per l’attesissimo rinnovo contrattuale dei metalmeccanici ed è sicuramente un’occasione da non perdere, anche se la gerarchia delle sfide segnala altre priorità. La ripartenza del tavolo, come si dice in gergo, segna un punto in favore dei sindacati di categoria che sono riusciti a “isolare” Federmeccanica e a metterla davanti alle proprie responsabilità. Innanzitutto perché la stessa associazione padronale sul contratto si è divisa al suo interno, con le grandi aziende (Leonardo, Fincantieri, Hitachi, Avio e Baker Hughes) da tempo orientate a riprendere la trattative e le piccole imprese decise a resistere a ogni costo. Impasse che è stata superata – per ora – con il rinnovo programmato della presidenza e con il nuovo numero uno, Simone Bettini, atteso da subito a un segnale di discontinuità. In seconda battuta Fim-Fiom-Uilm hanno marcato il punto perché è diventata coscienza comune dell’opinione pubblica che il basso livello generale dei salari in Italia pone non solo un problema di equità tra quelle che una volta avremmo chiamato classi ma rappresenta anche un ostacolo al rafforzamento di quella domanda interna, necessaria per dare un retroterra più certo a una manifattura in seria difficoltà. E non è un caso che anche il presidente Sergio Mattarella in più d’una occasione abbia battuto sul tasto dei bassi salari. In terzo luogo a tifare per la ripresa del negoziato è impegnato da qualche settimana lo stesso governo. Le cronache raccontano di un severo monito (eufemismo) rivolto vis-à-vis ai vertici di Federmeccanica da parte del ministro Marina Calderone. Un gesto dietro il quale c’è qualcosa di più: la voglia di rinnovo del contratto da parte della premier Giorgia Meloni, che non vuole vedere il suo elettorato diviso (nel ‘22 l’hanno votata a profusione sia gli operai sia i piccoli imprenditori), non vuole scioperi e blocchi delle stazioni e desidera invece una conclusione con una significativa cifra aggiuntiva in busta paga e qualche tappo di spumante. Anche perché con la sua abilità oratoria, al momento giusto, confida di riuscirsi a intestarsi l’happy end.
Portato a casa il primo risultato di cui abbiamo detto ora però ci si attende da parte del gruppo dirigente dei metalmeccanici un esercizio di responsabilità. E non parlo, sia chiaro, della quantità di incremento salariale quanto della continuità con gli ultimi rinnovi contrattuali delle tute blu, con gli anni del Rinnovamento. Dalla presidenza di Fabio Storchi in poi il Ccnl meccanico ha introdotto, infatti, una serie di innovazioni che hanno migliorato le relazioni industriali e la loro aderenza alla realtà della fabbrica. E’ vero che purtroppo queste pensate sono rimaste circoscritte all’ambito meccanico e mai fatte proprie dalle altre categorie, ma non è un motivo sufficiente per spegnere la luce. Per una volta le cose che si scrivono nei libri si sono scritte anche nei contratti ed è stata un’operazione win win, non un trucco padronale. Il Rinnovamento ha portato negli anni all’individuazione di un meccanismo garantista di recupero ex post dell’inflazione (l’Ipca), al diritto alla formazione per ciascun dipendente, alla pratica concreta di un welfare aziendale assai ricco e aperto all’evoluzione della società e, infine, a una revisione dei profili professionali in linea con la trasformazione 4.0 delle fabbriche.
Sarebbe un errore non capitalizzare tutte queste innovazioni e non svilupparle anche in questa tornata contrattuale in nome di un pragmatismo salariale e di un ritorno all’uguale per tutti anni ‘70 che d’un colpo faccia pulizia di quella pedagogia dell’innovazione, così straordinariamente curata nelle scorse tornate. E che si rivelerà utile anche nelle sfide che si preparano in un mondo della produzione fortemente influenzato dagli sviluppi dell’intelligenza artificiale. E’ questa la chiamata che viene da rivolgere al gruppo dirigente sindacale così come ha senso chieder loro di far propria una visione realista del settore meccanico in cui la piccola impresa resta ancora largamente maggioritaria. Anche questi non sono trucchi del padrone.