Ha ragione Macron: per essere liberi bisogna essere temuti

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Giorgetti giustamente chiede al sistema bancario più attenzione al credito e meno attenzione ai dividendi. Accanto a un sistema industriale che ha bisogno di aiuto concreto ai consolidamenti, agli investimenti 5.0 (in questo il governo latita) e alle acquisizioni all’estero, da imprenditore impegnato anche nella restituzione culturale, per sei anni presidente di I-Jazz, Associazione italiana dei festival jazz, credo vada stimolata una maggiore attenzione al terzo settore. Le fondazioni legate a Intesa Sanpaolo sono un modello così come Fondazione Cariparma. All’opposto Unicredit non è un modello di attenzione al terzo settore. Le fondazioni ex popolari sono una via intermedia, erogano un decimo di quanto potrebbero da statuto non per scarsa volontà, ma per eccessive ingerenze dei fondi anche stranieri che non badano certo a una politica di sostegno al sociale e alla cultura. Auguro a Giorgetti di riuscire a trovare la quadra, con uno stato conciato come è conciato, senza un sostegno adeguato al terzo settore da parte del nuovo assetto bancario, il nostro paese rischia di vivere tempi bui.

Corrado Beldì, presidente Laterlite S.p.a. e presidente Associazione Rest-Art



Al direttore – Fare scena muta agli esami orali è la nuova frontiera del dissenso giovanile. Così le nuove generazioni non si limiteranno a non saper scrivere, ma finiranno per non sapere neppure parlare.

Giuliano Cazzola


Al direttore – In occasione della festa nazionale francese del 14 luglio, il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, ha detto: “Poiché non ci sono più regole, nell’ora dei predatori prevale la legge del più forte”. Pertanto, lo sforzo per il rilancio e l’ammodernamento dell’esercito è inevitabile perché “per essere liberi in questo mondo bisogna essere temuti, e per essere temuti dobbiamo essere potenti”. Si può avere l’Italia come “patria d’origine” e la Francia come “patria d’elezione”: è il caso di Niccolò Machiavelli nelle parole evocative di Macron. Come dire che all’estero sono bene accolti non solo i giovani talenti italiani di oggi che emigrano per necessità o scelta, ma pure i grandi italiani di ieri. E per questo, in me, sono tristezza e felicità congiunte.

Alberto Bianchi

Francia e Regno Unito che si attrezzano per mettere il proprio arsenale nucleare al servizio dell’Europa. La Germania che si attrezza per diventare l’esercito più forte dell’Europa. L’Europa che sceglie di riarmarsi per difendersi. La Nato che spinge i paesi più indisciplinati a spendere di più per la Difesa. Solo chi non vuole vedere quello che stia succedendo nel mondo libero può fingere di non capire cosa sta succedendo. Di fronte al riarmo degli stati canaglia, non difendersi significa alzare bandiera bianca. Ieri, Boris Pistorius, ministro della Difesa tedesco, ha aggiunto due elementi in più, in una chiacchierata con il Financial Times. Ha detto che la Germania è pronta a combattere se la Russia dovesse attaccare un alleato Nato. Ha lanciato un appello duro e diretto all’industria della Difesa europea, chiedendo di smettere di lamentarsi e rispettare gli impegni assunti per sostenere il riarmo europeo. E ha rivendicato la creazione di una brigata fissa in Lituania, ovvero una brigata dell’esercito tedesco che sarà stabilmente di stanza in Lituania a partire dal 2025-2026, come parte dell’impegno tedesco per rafforzare il fianco orientale della Nato di fronte alla minaccia russa. Ha ragione Macron: per essere liberi in questo mondo bisogna essere temuti.



Al direttore – Nella sua Amaca su Repubblica, Michele Serra, a proposito delle assoluzioni nel caso Bibbiano, scrive: “Quanto ai giornalisti, vale la triste vecchia legge tutta interna ai media: il momento dell’accusa merita i titoloni in prima pagina, è il momento del fracasso, dell’odore del sangue. Il momento della sentenza di assoluzione merita quattro righe, e non sempre. Sarebbe, in sé, un momento felice, di liberazione e di solidarietà. Qualcosa da festeggiare. Ma per i giornalisti da forca, ogni assoluzione è un lutto”. Perfetto, non trova? Verrebbe voglia di applaudire. Poi, però, ci si ricorda di quanto molti giornalisti di Repubblica, negli anni, abbiano intinto le loro penne nell’odore del sangue; di quante volte le assoluzioni dei “nemici” politici abbiano meritato, su quello stesso quotidiano, solo “quattro righe”, mentre le accuse sono state onorate di titoloni in prima pagina per settimane; e di quanti “giornalisti da forca” abbiano solcato quelle pagine mettendosi a lutto per ogni assoluzione sgradita. E allora no, l’applauso non scatta. Al massimo una piccola pacca sulla spalla a Serra per festeggiare la reviviscenza.

Luca Rocca



Al direttore – Ho letto con interesse l’articolo che Ermes Antonucci, sul Foglio di sabato, ha dedicato alle imprese del dottor Gratteri. Arrivato alle parole finali ho sperato vivamente che lo stesso dottor Gratteri intensifichi considerevolmente i suoi impegni televisivi ed editoriali poiché, in questo modo, avrà certamente meno tempo da dedicare ai suoi metodi di indagine e alle conseguenze che quei metodi hanno generato. Un cordiale saluto.

Sergio Fiorini

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