Mille giorni di governo Meloni: blando continuismo, dunque sufficiente

Se gli italiani dovessero andare al voto oggi si accontenterebbero di questo governo, diffidando delle attuali opposizioni. Le frasi da manuale di Elly e i giochi di parole di Renzi non prevalgono su Meloni

Dovessero decidere gli italiani adesso, dovessero tenersi domenica prossima quelle che gli inglesi chiamano snap elections, ci sono pochi dubbi. Tra confermare quelli che governano oggi e affidarsi alle attuali opposizioni, gli elettori si accontenterebbero di quelli di oggi. Non servono neanche i sondaggi per capirlo. Basta guardarsi intorno, mettere il naso al vento, toccare un po’ in giro, ascoltare che cosa si dice. Insomma, bastano i cinque sensi. E con questo, vostro onore, il commento sui mille giorni di Giorgia Meloni potrebbe anche chiudersi qui. Essendo la politica un sistema di interazioni e non una gara di resistenza solitaria, il voto di sufficienza che la premier s’è guadagnato è la risultante di alcuni meriti suoi, di errori mitigati o corretti in tempo e infine della mancanza, a oggi, di alternative stimolanti. Se fossi un elettore di destra sovranista eppure dotato di senso critico (non so se esistano) non sarei altrettanto generoso. Non mi farei confondere dalle cortine fumogene dell’anti-woke, della cultural war alle vongole in difesa dei prodotti tipici Coldiretti, della caricaturale vena autoritaria dei ministri dell’istruzione o degli interni. Guarderei piuttosto con fastidio alla sostanza di un governo totalmente allineato e mimetizzato nel mainstream conservatore europeo, nessuno scarto sulle politiche di bilancio, tutte le riforme istituzionali archiviate per non smuovere le acque, l’ansia quasi comica di farsi amico ogni potere forte o neanche così forte, nazionale o estero.

Infine, mi verrebbe l’orticaria a seguire le manovre di occupazione d’ogni posto o posticino di stato e parastato per famigliari, famigli, nipoti, amanti, vecchi sodali di movimento: ma che è, il centrosinistra? In realtà, tutti questi difetti di coerenza corrispondono alla mitigazione (fossi uno di loro e non avessi avuto neanche uno straccio di vicedirezione in Rai direi “tradimento!”) della promessa rivoluzione meloniana, trasformata in blando continuismo e quindi in governo sufficiente. Poi c’è l’Ucraina, certo, rigore apprezzabile e comunque dentro le oscillazioni e prudenze di quel famoso mainstream europeo: le opposizioni non farebbero meglio ma già Draghi, per dire, fece e significò molto di più. Vedremo se e quando si evidenzieranno gli sfaceli economici e sociali denunciati da Schlein e Renzi, se gli italiani li percepiranno come tali e ne daranno la colpa al governo. Per ora, le frasi da manuale dell’opposizione di Elly e i giochi di parole di Matteo non prevalgono sulle faccette buffe o irate di Giorgia: parità, bonaccia, galleggiamento, ordinaria amministrazione. Insomma, il sogno d’ogni governo.

Stefano Menichini

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.