Governare non significa approvare una legge, ma indirizzare un paese, coinvolgere migliaia di dipendenti pubblici verso obiettivi condivisi. Le sfide del presente per l’esecutivo
Quasi mille giorni di lei e di noi. E una pausa di riflessione ce la possiamo concedere. Un governo che rimane in carica a lungo ha la possibilità di lasciare un segno: positivo, negativo o tracciato sull’acqua. Ma la stabilità è un valore solo se serve a qualcosa. Dal 2022 è forte di una maggioranza mai insidiata dall’opposizione incapace fin qui di mettere in campo un’alternativa di governo credibile e un progetto comune di paese.
In questo contesto, Meloni ha saputo mantenere intatta la sua personale leadership, favorendo la polarizzazione della politica che è sempre stata la strada maestra per far vincere la destra grazie a dosi massicce di populismo e a un approccio irrazionale e istintivo. Erano state annunciate grandi riforme istituzionali fortunatamente rimaste nel cassetto. Per il resto si è persa l’occasione di puntare su una politica industriale e su due o tre settori per dare un volto nuovo al paese e diventare un esempio anche in Europa, preferendo interventi sporadici senza grandi prospettive. E con grande confusione su vere priorità e opportunità come Ilva.
Cresce il numero dei lavoratori a tempo indeterminato, ma non tutti hanno una retribuzione che garantisca un’esistenza dignitosa. Il potere di acquisto degli stipendi è in caduta libera. La pressione fiscale, contraddicendo tutti gli annunci, è aumentata: basta guardarsi in tasca per avere conferme. Un italiano su sei è in povertà, il numero più alto di sempre. E il nostro paese sta invecchiando in fretta, mentre servono urgentemente altri lavoratori, infermieri, professionisti… In un bagno di realismo spinto dal sistema produttivo, è stato consentito il numero più grande di visti per lavoratori extracomunitari, ma senza alcun nuovo progetto di integrazione e prospettiva di lungo periodo.
A scuola si vietano i telefonini, ma senza alcuna riflessione su un’istituzione ridotta a esamificio, dove tra PCTO, burocrazia e stipendi scandalosamente bassi, la funzione sociale dell’insegnante è mortificata e non centrale: una parte del recupero dell’evasione fiscale sia destinata ogni anno ad aumentare i loro stipendi, bastano 3 miliardi per aumentarli del 10 per cento; sono loro che hanno in mano il nostro futuro e devono poter essere valorizzati per questo.
A livello internazionale qualche successo la Meloni lo ha ottenuto. Soprattutto grazie all’insipienza degli avversari. Un esempio: dopo le elezioni europee il Pd era l’azionista di maggioranza italiano della coalizione che governa l’Unione, ma ha preferito regalare il rapporto con la von der Leyen alla presidente del Consiglio. Ma anche questa opportunità europeista appare sprecata a causa dell’imbarazzante e imbarazzato rapporto con Trump.
Per il resto sembra un governo con un’indole di comando (si pensi al recente decreto sicurezza) capace di sottolineare le proprie scelte con un alto tono di voce. Ma governare non significa approvare una legge, significa indirizzare un paese, coinvolgere migliaia di dipendenti pubblici verso obiettivi condivisi, nella migliore delle ipotesi portare un intero paese a riconoscersi in quanto tale, e aspirare a un destino e un futuro migliori. Questa è forse la chiave di volta di un impegno collettivo e condiviso. Con la certezza che il nostro paese sappia esprimere quanto prima una nuova classe dirigente finalmente all’altezza delle sfide che il presente ci chiama ad affrontare.
Ernesto Maria Ruffini
avvocato