Aspides spuntata, con due sole navi contro i missili degli houthi

I terroristi affondano due navi nel Mar Rosso nel giro di 48 ore. Il salvataggio dei naufraghi lo fanno le compagnie private, mentre le navi europee sono altrove. Storia di una missione nata male

“Non sono un mago, datemi i mezzi e io vi porterò i risultati”, aveva detto l’ammiraglio greco Vasileios Gryparis a dicembre dello scorso anno, investito del ruolo di comandante della missione europea Aspides, impegnata nel Mar Rosso. Oggi, quella frecciata diretta a Bruxelles e agli stati membri si traduce in un appello inascoltato. Gli equipaggi di due navi cargo affondate questa settimana dagli houthi nel giro di appena 48 ore al largo del porto yemenita di Hodeidah hanno denunciato che nessuna nave militare è stata in grado di rispondere al loro mayday. Come confermato da un portavoce della missione, Aspides non disponeva di unità navali operative nel quadrante interessato dagli attacchi. Gli eventi risalgono a domenica e lunedì scorsi, quando prima la Magic Seas e poi l’Eternity C, con armatori greci e bandiera liberiana, sono state attaccate per diverse ore dagli houthi. Entrambe le navi cargo, che trasportavano fertilizzanti e acciaio, sono state affondate e decine di persone, tutti membri degli equipaggi, sono disperse in mare. Gli attacchi provano peraltro un potenziamento delle capacità balistiche degli houthi, che nonostante i bombardamenti ripetuti da americani, inglesi e israeliani in questi mesi mantengono un arsenale missilistico che gli permette di colpire con precisione obiettivi a quasi 40 miglia dalla costa, come avvenuto nel caso della Eternity C.

L’incapacità di assolvere ai suoi compiti difensivi è una dimostrazione di impotenza per una missione navale nata per la verità sotto i peggiori auspici. A febbraio dell’anno scorso, l’Ue la mise in piedi in fretta e furia, pressata dall’urgenza di ristabilire la libertà di navigazione nel Mar Rosso. Aspides si prefigge di scortare alcune navi attraverso lo Stretto di Bab el Mandab, obiettivo degli attacchi degli houthi. Si tratta di un’area geografica di enormi dimensioni, che dal Canale di Suez arriva fino a lambire l’Oceano Indiano. Nonostante ci si trovasse a fronteggiare la più grande guerra navale della storia dai tempi della Seconda Guerra mondiale, all’ammiraglio Gryparis furono concessi appena quattro giorni per ideare un piano operativo. Così, il comandante greco chiese formalmente l’invio di almeno 10 fregate, con tanto di supporto aereo. Alla fine, gliene furono messe a disposizione appena tre, nel frattempo scese a due col passare dei mesi, e per di più con un impiego limitato di mezzi di ricognizione aerea. Che si tratti di uno sforzo insufficiente è stato dimostrato anche nel caso degli attacchi di questi giorni, con le navi dislocate a grande distanza dal Mar Rosso. Una, la fregata italiana Andrea Doria, rimasta vicino alle coste egiziane e un’altra, la greca HS Psara impegnata in una esercitazione con la Marina indiana al largo dell’Oceano indiano. Una situazione surreale, perché mentre l’account X della missione europea assicurava che Aspides continuava “a partecipare al coordinamento della risposta internazionale”, la Marina greca pubblicava invece le foto dell’esercitazione in cui era impegnata una delle due navi a disposizione, a parecchie miglia nautiche di distanza.

I due attacchi sono avvenuti ad appena una settimana dall’avvicendamento al comando tattico della missione, passato dalla Grecia all’Italia, agli ordini del contrammiraglio Andrea Quondamatteo. Il compito è proibitivo, a maggior ragione se gli Stati Uniti, dopo la guerra contro l’Iran, hanno ampiamente ridotto il proprio impegno militare. Una fonte anonima sentita dal Wall Street Journal ha rivelato che con il cessate il fuoco siglato tra americani e houthi, appena due mesi fa, la Marina statunitense non interviene finché non ci sono navi americane minacciate. Chi invece si è ritrovato a intervenire sono state le compagnie di sicurezza private. Subito dopo l’affondamento dell’Etenity C, con 19 membri dell’equipaggio dati per dispersi, sono state le unità di ricerca e soccorso della britannica Ambrey e della cipriota Diaplous Group a occuparsi delle operazioni di ricerca dei naufraghi, proseguite per giorni e sempre sotto il tiro degli houthi. Le navi militari si sono limitate a osservare.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare “Morosini”. Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.

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