Far west o tutela? Bilancio della liberalizzazione del mercato elettrico

I prezzi sul libero mercato sono mediamente superiori a quelli della maggior tutela, ma non è esattamente un fallimento. Dalle scelte dei consumatori ai messaggi contraddittori della politica, la trasparenza è l’ingrediente fondamentale che fino a oggi è mancato. Numeri e spunti

Presentando la relazione annuale dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), il presidente Stefano Besseghini ha sottolineato che i prezzi sul libero mercato sono mediamente superiori a quelli di maggior tutela: è un fallimento della liberalizzazione? Non esattamente. Ne discutiamo in un Briefing Paper dell’Istituto Bruno Leoni, in uscita oggi, di cui qui riassumiamo le principali conclusioni.

In primo luogo, il confronto è fuorviante perché i prezzi di tutela, fissati dall’Autorità, contengono una componente che corregge eventuali errori di stima passati, come del resto ha spiegato Besseghini. La componente che effettua questo recupero è arrivata a valere intorno ai 35 euro a MWh nel II semestre 2024, contro un livello medio delle offerte a prezzo variabile scelte sul mercato libero dai consumatori domestici a dicembre 2024 attorno ai 260 euro/MWh per la sola componente energia (circa 350 euro/MWh in totale). In secondo luogo, i clienti sul libero mercato generalmente sottoscrivono offerte con caratteristiche diverse dalla tutela, quali il prezzo bloccato o la garanzia che il 100 per cento dell’energia sia green. Inoltre, per comprendere le dinamiche dei prezzi è necessario attendere gli esiti dell’indagine dell’Arera sui mercati all’ingrosso, attesa per oggi. Lo stesso nome di “maggior tutela” ha indotto una falsa percezione di maggiore affidabilità, frenando un comportamento più dinamico dei consumatori che si sentivano più “tutelati” dal prezzo regolato (un problema più volte sollevato dalla Commissione europea). Infine, resta il fatto che le persone continuano ad abbandonare la tutela, non hanno manifestato nel corso degli anni alcuna intenzione di fare marcia indietro e in generale esprimono gradi di soddisfazione elevati e stabili (anche per l’aspetto economico), come emerge dall’indagine demoscopica dell’Autorità stessa.

E’ però vero che spesso i consumatori scelgono offerte più costose, anche a parità di contenuto. Tale condotta è spiegata principalmente da due ragioni. In primo luogo, come ha notato anche Besseghini, la confusione dei venditori e delle offerte può spingere i consumatori a cercare conforto nei brand più conosciuti, pagando un premio al marchio. Questo comportamento è incoraggiato dal comportamento aggressivo – quando non ingannevole o irrispettoso del Codice di condotta – di molti operatori, in particolare nel teleselling. Per questo è necessario colpire duramente gli abusi, e sono stati già avviati procedimenti sanzionatori dopo i primi controlli, che si aggiungono al giro di vite del Garante delle comunicazioni sullo “spoofing”.

Ma sarebbe ipocrita negare che questo clima sia stato creato anche dai messaggi contraddittori della politica, che spesso ha dipinto la maggior tutela come l’unico porto sicuro rispetto a un “far west” (il mercato libero) popolato di banditi e avventurieri. Al contrario, il ruolo dei venditori sarebbe essenziale per affrontare bene la transizione energetica, per esempio in termini di offerte con prezzi orari in grado di sfruttare i benefici delle rinnovabili. L’altro aspetto cruciale è dato proprio dall’attuale complessità delle offerte e delle bollette. Per queste ultime, da oggi fortunatamente entrano in vigore i nuovi requisiti di uniformità e chiarezza, che dovrebbero rendere più facile e immediata la comprensione del nesso tra il contratto stipulato, i consumi effettuati e le spese fatturate.

In generale, comunque, la trasparenza è l’ingrediente fondamentale che fino a oggi è mancato. Non è detto che le semplificazioni imposte dal governo per le offerte (sulla cui attuazione su cui Arera sta conducendo una ampia consultazione) saranno nel tempo davvero efficaci per i consumatori, perché potrebbero finire per limitare la concorrenza (come è accaduto per analoghi provvedimenti nel Regno Unito una decina di anni fa). Molto dipenderà dal modo in cui Arera vi darà attuazione, inclusa la previsione di forme di comunicazione più attive, frequenti e multicanale da parte dei venditori. E’ cruciale anche la funzione dei comparatori di offerte: pur essendo molto completo, il Portale delle offerte realizzato da Arera è poco visitato, ammette Besseghini; ma l’Autorità potrebbe, anzi dovrebbe ingaggiare i comparatori commerciali cercando di fare leva anche su di loro, magari attraverso forme di qualificazione per migliorarne e garantirne la qualità.

Da ultimo, sarà cruciale – per l’evoluzione del mercato – la strategia che l’Autorità vorrà seguire nei prossimi anni. In questi giorni si sta chiudendo la partita delle nomine per il nuovo collegio, che dovrebbe insediarsi ad agosto: una Autorità debole che non rispondesse ai requisiti di alto valore tecnico e “indipendenza di giudizio” previsti dalla legge istitutiva potrebbe risultare un errore fatale. Un’autorità indipendente forte conviene a tutti.

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