Péter Magyar, leader del partito ungherese Tisza, si scaglia contro il presidente ungherese ma non si presenta in piazza a Budapest. Indizi sull’Ungheria che verrà
“Viktor Orbán è diventato il re del Pride in Europa, perché nessun altro è mai riuscito a mobilitare così tanta gente per una manifestazione contro sé stesso, incitando all’odio”, ha scritto sabato sui social Péter Magyar, il leader del partito ungherese Tisza (una crasi che sta per “rispetto e libertà”) che veleggia nei consensi ed è considerato il primo vero candidato che potrebbe mettere fine al lungo e illiberale premierato di Orbán. Magyar ha usato toni canzonatori commentando la decisione del premier ungherese di vietare il Pride a Budapest, che invece si è tenuto grazie alla testardaggine del sindaco della capitale, Gergely Karácsony, ed è stato un successo di presenza e di partecipazione anche europea. “Orbán non può più governare – continua Magyar sui social – i servizi pubblici cadono a pezzi, le ferrovie ungheresi smettono di funzionare ogni fine settimana, il sistema sanitario sta morendo, la gente vive peggio e tutti tagliano i fondi”, scrive, insistendo sui suoi punti di attacco al premier ungherese, che hanno a che fare con la fatiscenza del sistema ungherese, sul peggioramento della qualità della vita che cozza contro il lusso in cui vive Orbán con il suo entourage e con la retorica del premier che, per contrastare l’ingerenza “ripugnante” dell’Unione europea è disposto a rinunciare ai soldi che arrivano da Bruxelles, vitali per l’Ungheria.
Magyar è dato in alcuni sondaggi con un distacco in avanti di anche 15 punti percentuali rispetto al Fidesz governativo, si concede alle telecamere internazionali con piacere, rassicurante, Ma al Pride di Budapest, la festa dei diritti e anche un po’ dell’Europa, Magyar non è andato. La ragione è chiara ancorché poco rincuorante: è un ex di Fidesz, parla a un elettorato conservatore, meglio criticare Orbán senza esporsi troppo sui diritti, non saranno gli europei a votare alle prossime elezioni ungheresi. Non si deve per questo sminuire l’opposizione di Magyar, ma nemmeno ignorare la sua assenza al Pride: serve a comprendere l’Ungheria che verrà.