Il cdm pronto ad approvare il provvedimento per permettere l’ingresso in Italia di oltre mezzo milione di lavoratori immigrati non comunitari in tre anni. Sullo sfondo montano le polemiche tra maggioranza e ufficio del Massimario della Suprema Corte, dopo i dubbi sollevati sul decreto sicurezza e intesa con l’Albania
Il governo si prepara a varare un nuovo decreto flussi. Sul tavolo del Consiglio dei ministri di oggi dovrebbe infatti esserci anche il provvedimento triennale che prevederà l’ingresso in Italia di oltre mezzo milione di lavoratori immigrati non comunitari tra stagionali e fissi. Come anticipato dal Foglio, la cifra esatta del nuovo decreto flussi è considerata molto consistente dai ministri interessati al dossier: “Supererà il mezzo milione di persone, compresi però gli stagionali”.
In linea con i precedenti anni, il nuovo decreto stabilisce le quote annuali di ingressi regolari di lavoratori stranieri in Italia per il triennio 2026-2028. Il piano prevede un totale di 500.000 ingressi nei prossimi tre anni, con 164.850 quote per il 2026, 165.850 nel 2027 e 166.850 nel 2028. In questo modo, il governo Meloni punta a superare la soglia di un milione di ingressi regolari autorizzati tra il 2023 e il 2028, considerando anche i 450.000 previsti dal precedente decreto 2023-2025. “Vogliamo proseguire nella ferma determinazione di consentire canali legali di ingresso, soprattutto a beneficio di importanti settori della nostra economia”, ha detto il ministro degli Interni Matteo Piantedosi in un’intervista a La Stampa oggi. “È uno dei pilastri della nostra azione, insieme al contrasto ai trafficanti di esseri umani”, ha aggiunto.
Proprio sulla gestione dei flussi irregolari, si è consumato un weekend di (nuove) tensioni tra governo e magistratura. Il motivo riguarda i “dubbi di costituzionalità” rilevati dall’ufficio del massimario della Cassazione sul protocollo d’intesa siglato con l’Albania per i centri per il rimpatrio. In una relazione circolata sulla stampa domenica, i giudici dell’ufficio in questione, che si occupa di redigere relazioni e studi a supporto delle decisioni della Suprema corte, ha dichiarato che il provvedimento conterrebbe diverse possibili violazioni dei diritti costituzionali, da quello alla salute a quello di difesa.
L’intesa con Tirana, ad esempio, omette di “individuare con precisione la categoria di persone cui l’accordo si riferisce e limitandosi ad individuarli come ’migranti’”, provocando, secondo l’organo, “una complessiva disparità di trattamento tra gli stranieri da condurre in Italia e i ’migranti’ da trasferire in Albania”. Inoltre, “le modalità di esercizio del diritto di difesa delle persone straniere trattenute in Albania non risultano disciplinate da norme legislative, ma affidate alla discrezionalità del ’responsabile italiano del centro’”, mentre il diritto alla salute – tutelato dall’articolo 32 della Costituzione – subirebbe un pregiudizio per il fatto che il documento stabilisce che “in caso di esigenze sanitarie alle quali le autorità italiane non possono far fronte, le autorità albanesi collaborano con le autorità italiane responsabili delle medesime strutture per assicurare le cure mediche indispensabili e indifferibili ai migranti ivi trattenuti’”, in virtù del fatto che “il livello di assistenza sanitaria albanese non è comparabile con quello italiano”.
La reazione della maggioranza non si è fatta attendere. “Mentre in Europa l’approccio del governo Meloni al contrasto dell’immigrazione irregolare viene adottato come modello di riferimento, in Italia alcuni organi giurisdizionali sembrano più impegnati a ostacolarne l’azione – ha osservato il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti – Avviso ai naviganti, ai fiancheggiatori e ai complici: il governo Meloni andrà avanti nella lotta all’immigrazione irregolare, forte anche del consenso che la sua posizione registra in Europa, oltre che tra gli italiani”. Per il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, “evidentemente l’avanzare delle riforme della giustizia determina reazioni incommentabili da parte di alcuni settori che vorrebbero conservare un potere che ha la pretesa di sostituirsi alla democrazia e al Parlamento, violando la separazione dei poteri”.
Solo pochi giorni fa, l’ufficio del Massimario ha fatto emergere svariate criticità anche sul Decreto sicurezza. In un documento da 129 pagine, l’organo ha infatti sottolineato “l’evidente mancanza dei presupposti costituzionali dei casi straordinari di necessità e urgenza” del provvedimento, evidenziando anche problematiche legate “all’estrema disomogeneità dei contenuti del testo”. Di fronte a tali rilievi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è detto “incredulo”, per poi avvisare di aver dato mandato all’ufficio di Gabinetto del ministero di “acquisire la relazione dell’ufficio del Massimario e di conoscerne l’ordinario regime di divulgazione”. Osservare “questo ufficio del Massimario smentire lo stesso Quirinale che, appunto, ha promulgato la legge lascia sinceramente interdetti e contribuiscono a sedimentare l’idea di un universo giuridico allo sbando”, ha dichiarato invece il vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia, chiamandolo “massimario della confusione che offende l’onesto e silenzioso lavoro di migliaia di magistrati indipendenti e laboriosi”. Sul punto è intervenuta anche la Giunta Anm sezione Cassazione, ricordando che uno dei compiti specifici dell’ufficio è “proprio quello di redigere le relazioni sulle novità normative, evidenziandone anche le eventuali criticità dal punto di vista della tenuta costituzionale e ribadisce l’importanza del rispetto nel democratico confronto fra le Istituzioni dello stato”.