Il capo dello stato richiama l’attenzione sui suicidi negli istituti penitenziari. Nordio: “Priorità di questo governo”. Ma da Rebibbia l’ex sindaco di Roma scrive: “Condizioni drammatiche che stanno esplodendo. C’è un’Italia che brucia in silenzio”
“I luoghi di detenzione non devono trasformarsi in palestra per nuovi reati, in palestra di addestramento al crimine, nei luoghi senza speranza ma devono essere effettivamente rivolti al recupero di chi ha sbagliato”. È il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che questa mattina ha ricevuto al Quirinale il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e una rappresentanza della Polizia Penitenziaria. “Il numero di suicidi nelle carceri è drammatico e da troppo tempo non dà segni di arresto. È un’emergenza sociale sulla quale occorre interrogarsi per porvi fine immediatamente”, ha detto il capo dello stato.
Le parole di Mattarella riaccendono l’attenzione sulle condizioni degli istituti penitenziari italiani che ciclicamente tornano a far discutere. “La prevenzione dei fenomeni di autolesionismo e dei suicidi è la priorità di questo governo per quanto riguarda la detenzione”, ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio commentando il messaggio del capo dello stato. “Questi fenomeni traggono origine da molti fattori legati al disagio e allo sconforto del carcerato”. Il guardasigilli ha poi ricordato l’impegno del governo per ridurre il sovraffollamento carcerario e l’attività del Commissario straordinario per l’edilizia carceraria che “consentirà entro breve tempo un efficace ampliamento delle strutture detentive”.
Nella giornata di oggi anche Gianni Alemanno e Fabio Falbo, detenuti a Rebibbia, hanno acceso un faro su ciò che non funziona dietro le sbarre con una lettera aperta indirizzata ai presidenti di Senato e Camera. La missiva denuncia le condizioni delle carceri italiane, che si aggravano in particolare durante l’estate: “Drammatiche condizioni che stanno esplodendo: nel cuore dell’estate italiana, mentre milioni di cittadini cercano refrigerio tra ventilatori e condizionatori, c’è un’Italia che brucia in silenzio, è quella delle carceri, dove oltre 62 mila persone vivono stipate in celle pensate per meno di 47.000, dove il caldo non è solo un disagio, ma una pena aggiuntiva, dove la dignità umana si scioglie, giorno dopo giorno, tra muri scrostati, letti a castello e finestre sigillate da pannelli di plexiglass”, scrivono l’ex sindaco di Roma e l’altro detenuto.
“Mentre le temperature superano i 45 gradi, i ventilatori sono un lusso per pochi, le celle sono camere a gas, le docce funzionano a intermittenza e l’acqua potabile scarseggia, ogni estate si ripete lo stesso copione: suicidi, proteste, appelli, e poi il silenzio. Nel carcere milanese di San Vittore il tasso di sovraffollamento ha superato il 220 per cento, a Regina Coeli nel cuore di Roma è al 192 per cento, mentre quello medio di tutti gli istituti di pena italiani è del 133 per cento (calcolando non le capienze teoriche, ma i reparti realmente utilizzabili)”, continua la lettera.
Alemanno e Falbo ricordano la missiva inviata al ministro della Giustizia Carlo Nordio: “Sono passati due mesi e non abbiamo ottenuto alcun riscontro – dicono – se non la notizia che il ministero ha predisposto un piano di 32 milioni di euro per l’ampliamento di nove istituti penitenziari mediante l’istallazione di moduli detentivi prefabbricati”, misura ritenuta inefficace nel breve periodo. Per questo, la proposta al Parlamento è quella di “approvare un provvedimento di legge con il concorso trasversale di forze politiche provenienti da ogni schieramento. Non un indulto o un’amnistia”, si specifica: “Non chiediamo impunità, chiediamo umanità, non chiediamo clemenza, chiediamo giustizia, anche perché nessuna pena può diventare tortura, perché nessuna cella può diventare una tomba, perché nessuna persona mai dovrebbe essere trattata come meno di un essere umano“.