Viale Mazzini fa i conti con 26 milioni di finanziamenti in meno e presenta i palinsesti 2025-26: c’è un progetto con Kevin Spacey e Whoopi Goldberg a Un Posto al Sole. È scomparsa la spavalderia ed è apparsa la pena
Napoli. Forbici, forbici, forbici. Temevano i fascisti e sono arrivati i revisori dei conti. La Rai non l’ha presa D’Annunzio ma un Gozzano, un Corazzini, l’ad Giampaolo Rossi, vestito di color tabacco, il poeta crepuscolare, “dell’io amo la vita semplice delle cose”. C’è ora la lama, che può essere del sarto, al posto del cavallo: lo slang “ce tagliano tutto” ha sostituito il vecchio: “Contrattino?”. Si risparmia anche sulle speranze. I palinsesti Rai 2025-26, presentati, arrivano fino a dicembre perché dice Stefano Coletta, il coordinatore dei generi: “Abbiamo avuto milioni in meno dal governo e si doveva eliminare la frammentarietà”. E’ la miseria, la cifra del tempo, e non solo in Rai, è la miseria di nuova arte (siamo ancora a “evviva! Torna Benigni su san Pietro”) di sentimento, rapporti umani. Come spiegare che solo in Rai i giornalisti protestano perché vengono assunti, che Sigfrido Ranucci, vicedirettore Rai, manifesta fuori dai cancelli contro la Rai dicendoci: “Te fidi de loro o te fidi de me?
Come può andare avanti un’azienda dove uno dei vicedirettori Rai, Ranucci (“Lo sai quanto pagano Giletti? 48 mila euro a puntata e io ne prendo solo 2.500”) rivela: “Io in questi anni non ho mai incontrato l’ad Rossi, a cui avevo anche espresso solidarietà, e mi dispiace”. Se non parla con Rossi, in Rai, con chi parla? “Con il mio direttore Approfondimento che mi ha dato l’autorizzazione per andare da Lilli Gruber. Dammi del tu! Te fide de loro o te fidi di me?”. Perché dici che la Rai ti ha sanzionato? Perché dici che la lettera che la Rai ti ha spedito pochi giorni fa, un semplice richiamo, era un provvedimento disciplinare? “Intanto quella lettera l’hanno vista 3 milioni di italiani. Lo dico perché mi sono rivolto agli avvocati e gli avvocati mi hanno spiegato che è un provvedimento disciplinare. Te fidi de loro o te fidi de me?”. Dicono dalla Rai che non ti hanno tagliato e dicono anche che ti erano già state allungate le puntate così come ti saranno allungate le repliche. Te fidi de te ma non ti fidi de loro e protesti contro la tua azienda. E’ normale? “Me l’hanno allungate? Mica mi hanno fatto un favore? Mi hanno dato le puntate per tappare il buco di Serena Bortone mandata via e sappiamo per cosa. La vuoi una notizia? Italo Bocchino mi aveva già annunciato il taglio. Come faceva a saperlo? Io so che la Rai è la mia casa. Io Report lo posso fare solo in Rai”. Lo vedi? Che senso ha protestare? “Perché io devo difendere la mia squadra”. Ma la tua squadra è fatta di precari che andrebbero assunti e infatti li stanno assumendo ed è stato firmato un regolare contratto. “Ma li mandano a Canicattì. Io con chi lo faccio il programma?”.
Fuori dai cancelli c’è Carlo Verna, ex segretario Usigrai, che ammette: “Se protestiamo contro le assunzioni, e chiediamo ulteriori collaboratori, si mettono le basi per assemblare altro precariato. Così non va”. Si aggiunge alla protesta Luigi De Magistris, quello di spaccam tutt, che ora vuole spaccare la Rai e che parla come Bakunin “il potere sta facendo sentire il suo anelito sulla Rai”, parla anche il sindaco Gaetano Manfredi, ma sembra Papa Prevost. Arriva Roberto Natale, consigliere di cda, che ha cominciato proprio in questi uffici del centro di produzione, nel 1982, la sua carriera da giornalista. Si catapultano da Roma i deputati Piccolotti, di Avs, Carotenuto, del M5s, Graziano del Pd, si palesa anche Riccardo Iacona, di Presa Diretta, anche questa trasmissione “tagliata”, e ci sarebbe anche Marco Damilano, il filosofo di Elly Schlein, che ha la striscia su Rai 3 (salvata e non tagliata) solo che lui, abile, si fa scaricare da un macchinone nero ed entra veloce negli uffici.
Sono 26 milioni di tagli Rai, di sacrifici, direbbe Elsa Fornero, 26 milioni che hanno già cambiato i direttori Paolo Corsini, Angelo Mellone. E’ scomparsa la spavalderia, ed è apparsa la pena, la gentilezza, quella di Corsini, che sul palco, sincero, “provo a difendere tutti i prodotti, io ci provo”. Coletta, il Catullo Rai, annuncia che “ancora non abbiamo acquistato neppure i diritti dei Mondiali di calcio”. Non c’è più arroganza quando ammettono che con “Barbara D’Urso ci sono trattative” e che “potrebbe farci piacere un progetto con Tommaso Cerno, ma non c’è nulla di concreto”. Di concreto c’è la forbice e qualche buona stoffa, un progetto con Kevin Spacey, massacrato, la comparsata di Sister Act, Whoopi Goldberg, a Un Posto al Sole, la promessa, enorme, dell’ad Rossi: “La Rai farà il suo Festival, anche se non dovesse essere Sanremo”. Sanremo non a Sanremo. Gli hanno rimproverato in questi giorni: “Tagli, tagli, ma non a Bruno Vespa” e hanno sentito rispondere Rossi: “Quando finiranno i contratti tutto verrà ridiscusso, anche con Vespa”.
Serve ora una riforma Rai perché per l’Europa, dall’8 agosto, la Rai è “fuorilegge”, perché non rispetta i canoni del Media Freedom act. Servirebbe l’amore d’azienda, quello di Walter, meccanico Rai, che lucida la vecchia Fiat 1600 Rai, da museo. Ne è rimasta una sola. Le rottamavano senza capire che erano cimeli, come hanno gettato le motociclette Rai del Giro d’Italia. Hanno dissipato fino a oggi, sprecando non solo risorse, ma il loro tempo. Tempo speso a sporcare il collega, a farsi la guerra senza parlarsi, se non sui giornali, malgrado, come dice Ranucci: “Report lo posso fare solo qui. La Rai è la mia casa”. Sono rimaste le pezze. Te fidi de me?