No, l’Italia non partecipa alla nuova Corte di arbitrato cinese come ha scritto l’ambasciatore Jia Guide. Ma a che serve chiamarla fake news, se poi i ministri aprono a nuove collaborazioni con il colosso della propaganda?
Un documentario per raccontare “in maniera vivida l’impegno del presidente Xi Jinping nella preservazione e valorizzazione del patrimonio culturale tradizionale cinese”, per mostrare il suo “autentico amore” per la cultura attraverso “sopralluoghi nei territori dove ha lavorato” con interviste, aneddoti autentici, che ha l’obiettivo di “illustrare al pubblico internazionale l’impegno pratico della Cina contemporanea nell’indagine sulle origini della civiltà e nella tutela del patrimonio culturale”. E’ stato presentato così dalla stampa cinese il documentario “Il Guardiano del Patrimonio” che è andato in onda mercoledì scorso su oltre “40 media mainstream italiani”, che poi sarebbero tutti i media del Gruppo Netweek Spa, a sua volta controllato dal Gruppo Sciscione (quello nato nel 1988 dalla Telemontegiove di Terracina), da anni impegnato in diverse collaborazioni con la propaganda di Pechino. Ma l’aspetto più interessante del documentario su opere e gesta il presidente cinese che più di ogni altro, dopo Mao, ha costruito un culto della personalità, è che sia stato presentato in pompa magna durante un evento molto poco pubblicizzato da parte delle istituzioni italiane, e uscito invece pressoché su tutti i media del Partito comunista cinese. “In occasione del 55° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Cina e Italia” all’Accademia nazionale delle scienze dei Lincei di Roma è stata inaugurata la mostra “Lo Splendore delle Luci, La Bellezza Condivisa”, co-organizzata dal China Media Group e dal ministero della Cultura italiano, e poi dal Museo delle Civiltà, dall’Accademia di Belle Arti di Roma, per qualche ragione anche dalla Federazione italiana giuoco calcio e, come se non bastasse, patrocinata dal Consiglio regionale del Lazio.
Dopo le parole sulla condivisione dell’arte millenaria, è andato in scena lo spot alla propaganda cinese con la presentazione del documentario “Il Guardiano del Patrimonio”, alla presenza di diversi rappresentanti delle istituzioni ma soprattutto del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che, secondo quanto riportato dai media cinesi, avrebbe detto che “il pubblico italiano desidera conoscere meglio il patrimonio della cultura cinese e il vigoroso sviluppo della Cina contemporanea”. Valditara, la cui partecipazione all’evento è irreperibile sui suoi canali social e sul sito internet del ministero, ha parlato subito dopo Shen Haixiong, che è un personaggio della nomenclatura del Partito comunista cinese molto noto in Italia. E’ il potente vicedirettore del Dipartimento della comunicazione del Comitato centrale del Partito e presidente del China Media Group, definito spesso la “Voice of America” cinese, il gruppo editoriale che possiede la quasi totalità dei canali di stato di Pechino e sotto il diretto controllo del Dipartimento centrale di Propaganda del Partito comunista cinese. Shen – artefice di diversi accordi con i media italiani, e soprattutto con Mediaset, e che solo un mese fa stipulava accordi simili con la ministra della Cultura russa Olga Lyubimova, in visita in Cina – ha annunciato che ci saranno nuove collaborazioni fra Cina e Italia in modo che “il pubblico italiano possa, tramite le immagini, conoscere la Cina della nuova epoca e comprendere quella moderna”: per la propaganda di Pechino questo “conoscere la Cina” significa quasi sempre omettere ciò che della Cina dovremmo temere e criticare. E così ieri è stato firmato l’accordo fra l’agenzia di stampa video CCTV+ e l’italiana Italpress, agenzia con sede a Palermo che fa spesso da partner tecnico per contenuti distribuiti su testate locali (la propaganda di Pechino, tramite Xinhua, è già tradotta in Italia dall’agenzia di stampa Nova).
Per capire come funziona la manipolazione dell’informazione cinese basterebbe un esempio. Qualche giorno fa, su queste colonne, abbiamo raccontato dell’istituzione a Hong Kong dell’Organizzazione internazionale per la Mediazione (IOMed), voluta dalla Cina per prevalere su istituzioni come la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) nella risoluzione delle controversie internazionali e ricostruire un ordine internazionale a guida cinese. L’altro ieri, sul Sole 24 Ore, l’ambasciatore della Repubblica popolare cinese in Italia, Jia Guide, ha firmato un articolo sul tema nel quale scrive, in chiusura: “La parte cinese accoglie con favore l’adesione dell’Italia e di altri paesi all’IOMed, ed è pronta a lavorare insieme all’Italia e alla comunità internazionale per promuovere la risoluzione amichevole delle controversie internazionali”. Contattata dal Foglio, però, la Farnesina smentisce l’ambasciatore e la partecipazione italiana. “L’Italia non è né tra membri fondatori né tra i paesi membri; infatti, in raccordo con gli altri paesi dell’Ue, ha deciso di non aderire all’organizzazione”. Ma la verità conta poco, quando per evitare di irretire la Cina ci si presta alla sua propaganda.