Gli Stati Uniti ribadiscono l’efficacia del loro attacco. L’unica certezza è che ciò che c’era nei siti di Fordo, Natanz e Isfahan è distrutto. Per quel che riguarda l’uranio, è presto per le certezze
Mai visto una conferenza stampa tanto battagliera, ha scritto su Truth Donald Trump, elogiando il capo del Pentagono, Pete Hegseth, e il generale Dan Caine, che per un’oretta hanno maltrattato i giornalisti che avevano fatto trapelare un report d’intelligence riservato sulla poca efficacia del bombardamento americano ai siti nucleari iraniani: non siete capaci di dire che è stata un’operazione militare straordinaria, ha detto Hegseth, non siete capaci di dire che Trump ha fatto bene a colpire l’origine della minaccia più grave del mondo, non siete patriottici. Urli a parte (Hegseth ha alzato la voce), i due esponenti dell’Amministrazione Trump hanno spiegato che le bombe sganciate dai bombardieri americani su Fordo, Natanz e Isfahan sono talmente potenti e sofisticate che non possono che aver fatto danni enormi al programma atomico iraniano.
L’Agenzia atomica dell’Onu ha confermato che non esistono vie di fuga praticabili dopo il bombardamento: quel che c’era è stato distrutto. In particolare le centrifughe, che non dovrebbero essere più in grado di funzionare. Hegseth e Caine non hanno però utilizzato il termine caro a Trump: obliterare. Perché non è certo che le riserve di uranio fossero nei siti nucleari o fossero invece state spostate, come sostengono le prime informazioni d’intelligence delle agenzie europee, secondo quanto rivelato dal Financial Times. Hegseth ha detto di non avere alcuna informazione che dica che “le cose non fossero dove avrebbero dovuto essere, che siano state spostate o altro”. Il questione è cruciale, ma è ancora troppo presto per avere chiarezza.