Oggi le elezioni: in lizza Pancalli e Buonfiglio, in mezzo Carraro. Gli azzardi del ministro Abodi e i veleni in una sfida che va oltre lo sport e abbraccia la politica
Ci sarà un Giuda o più di uno a questa tavola? Se lo saranno chiesto ieri sera Luca Pancalli e Luciano Buonfiglio che hanno riunito in due distinte cene elettorali, al Casale di Tor di Quinto e al circolo dell’Aeronautica, i rispettivi (e presunti) supporter per contare le truppe. E’ stato l’antipasto, o forse la cena delle beffe, della battaglia per la presidenza del Coni, in programma questa mattina all’Acquacetosa. Ottantuno grandi elettori sono chiamati a scegliere il successore di Giovanni Malagò, il glorioso mister Sport italiano, a cui il governo non ha concesso una proroga dei mandati, tipo Luca Zaia in Veneto. E’ la fine di un’èra, di un modo di essere e di concepire lo sport e le relazioni oltre lo sport. In questa fiction densa di politica, circoli in riva al Tevere, potere e Roma nord molto dipenderà da Franco Carraro, ago della bilancia a 85 anni, per i maligni Poltronissimo.
E’ una partita trasversale e imprevedibile. Da una parte Pancalli, presidente del Comitato paralimpico e già assessore della giunta Marino a Roma; dall’altra Buonfiglio, che guida la Federazione canoa e kayak. Il primo è spinto da un pezzo di federazioni, ma anche dalla politica in nome del “rinnovamento”: tifa per lui, in rumoroso silenzio, il ministro dello Sport Andrea Abodi, si sono schierati senza problemi Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia e leader della Federnuoto, ma anche Angelo Binaghi leader del movimento tennistico così sugli scudi. Il secondo, Buonfiglio, ha uno sponsor dichiarato: Malagò, di cui fu anche vicepresidente, e quindi, dice lui, del sistema sportivo italiano che vuole restare indipendente. In mezzo Carraro, che pare avere pochi voti ma preziosi, come quelli di Gabriele Gravina della Figc e di Gianni Petrucci del basket, per dirne due. Tutto può succedere. Chi la sa lunga racconta che Buonfiglio potrebbe spuntarla quando scenderà il quorum in virtù dei voti di Carraro. Se andasse così Abodi, che è espressione di Fratelli d’Italia, non ne uscirebbe benissimo. Ecco perché in Via della Scrofa tra i colonnelli di Giorgia Meloni c’è nervosismo: puntare su un candidato, molto capace ma etichettato come di sinistra, per poi perdere non è il massimo. Nel dubbio il partito ha detto alla deputata Elisabetta Lancellotta, che fa parte del Consiglio nazionale del Coni in quota territori quindi è una grande elettrice, di non partecipare ieri sera alla cena elettorale di Pancalli. Alla prima votazione servirà la maggioranza assoluta (41), poi si scenderà con quella dei votanti a oltranza. Il Coni rappresenta un movimento con 14 milioni di iscritti, una forza anche se ormai la cassaforte è stata trasferita a Sport e Salute, prima vera battaglia persa ai tempi dei gialloverdi da Malagò. Il governo sembra non essersi coordinato, come si deve con la scusa di evitare ingerenze. La Lega di Matteo Salvini, per esempio, è molto vicina a Stefano Mei dell’Atletica, che sta con Buonfiglio. Pronostici impazziti, veline e veleni, possibili ricorsi dietro l’angolo. Il futuro del Coni è in una palla di vetro, più che da basket o da calcio. Insieme ai candidati a presidente – in tutto sono otto – si sceglieranno con un’altra votazione anche i componenti della giunta, espressioni di tutti i mondi sportivi, oltre ai tre di diritto in quanto membri del Cio (Giovanni Malagò, Federica Pellegrini e Ivo Ferriani). Non ci si capisce un’acca, come il Palazzo, H appunto, che è il quartier generale del Coni al Foro Italico, già Foro Mussolini. Si tratta, per entrare nel particulare, sul futuro segretario generale dell’ente, il vero motore amministrativo di questa macchina. Carraro è pronto a dirottare i suoi voti su Buonfiglio a patto che resti Carlo Mornati. Il presidente della canoa gli preferirebbe Alberto Miglietta. Si tratta. E anche Pancalli per sparigliare le carte potrebbe puntare sul segretario generale uscente di Malagò, ma c’è chi smentisce. Guerra di nervi e strategia, con la politica divisa e poi unita trasversalmente. Malagò, che ha governato vedendosi passare davanti otto governi e sette premier, farà di tutto per non dirla vinta ad Abodi, espressione di un governo che non gli ha fatto sconti. Il ministro dello sport non è in una posizione facile: si è esposto, in maniera elegante per Pancalli, e ora non può più ingranare la retromarcia. Dentro Fratelli d’Italia c’è un certo malessere per questa mossa così azzardata. A rendere ancora più complicato il quadro c’è una discreta guerra tra federazioni e questa mattina prima che inizi il voto si prevedono scintille. Inutile puntare troppo sulle cene elettorali di ieri sera: vanno prese con le pinze, lo racconta la storia del Coni. Raffaele Pagnozzi nel 2013 si alzò da tavola con sedici voti a favore e la mattina vinse Malagò di tre. Fu l’inizio di un impero ma anche di un jet set su cui potrebbe tramontare il sole. O forse no. Dispiace per il barone Pierre De Coubertin: l’importante oggi non sarà partecipare.