L’architetto “dei boschi verticali”, chiamato dal sindaco Roberto Gualtieri, ci racconta il piano urbanistico elaborato per la Capitale: microquartieri e archeologia diffusa
“C’è una forza della natura incredibile, che entra nella città con parchi, giardini, parchi agricoli, ville, in maniera orizzontale, che poi orizzontale non è perché la città non è in piano. Qui di un Bosco Verticale non c’è bisogno”. Stefano Boeri è uno degli architetti più famosi al mondo e il suo marchio di fabbrica sono appunto i “boschi verticali”, che da Milano ha esportato in molte città del globo e per cui è stato pluripremiato. L’ultima opera è stata inaugurata pochi giorni fa a Tirana. Boeri ha da poco concluso un lavoro su Roma: 18 mesi fa il sindaco Roberto Gualtieri l’ha chiamato per mettere a punto un piano urbanistico sulla città. Lui ha costruito una squadra con dieci architetti, 2 senior e 8 giovani under 35 e ha dato vita a Laboratorio Roma 050, studio urbanistico sulla capitale, presentato tre giorni fa in Campidoglio, con una mappatura dei progetti in corso e idee nuove su come sviluppare la città da qui a 10-30-50 anni. Piano che si muove su tre grandi direttrici: l’acqua, l’archeologia e il ripensamento del Gra. “Mi ha stupito trovare centinaia di progetti già in corso: si vede che grazie ai fondi per Giubileo e Pnrr la città si è rimessa in moto. Esiste una vibrazione che non mi aspettavo di trovare. E’ stato un lavoro appassionante”, racconta Stefano Boeri. Che con i suoi architetti ha delineato 252 micro-quartieri, una sorta di città arcipelago. “Colpisce l’identità forte dei rioni e delle micro-comunità: una persona di Centocelle si sente prima abitante del suo quartiere e solo in seconda battuta “romano”. Quindi ci siamo posti il problema di come riconnettere questa enorme città-arcipelago”, osserva l’architetto milanese.
Un primo sistema è sfruttare di più i corsi d’acqua. “A Roma l’acqua c’è ma spesso non si vede, penso all’Aniene, che ha un parco che potrebbe diventare come quello dell’Appia antica, ma anche il Tevere spesso è invisibile sotto i muraglioni. Se si riuscisse a realizzare tratti navigabili in connessione fino a Ostia si potrebbero immaginare scenari oggi impensabili”, sostiene Boeri. Altro elemento da sfruttare, secondo l’architetto, è la rete ferroviaria e delle metropolitane, andando a migliorare quello che già c’è ma scoprendo anche linee secondarie abbandonate. Sulla mobilità, poi, si pensa anche al superamento del Gra, con l’obiettivo di trasformare i suoi 68 km da infrastruttura viaria a “magnete urbano” per integrare “natura e sviluppo” così da trasformarsi in “luogo di mediazione tra il nucleo centrale storico della città e la sua dimensione metropolitana”, si legge nello studio di Laboratorio Roma.
La città, intanto, è piena di micro-cantieri, ma molto è stato già spacchettato. Che ne pensa della nuova Piazza Pia e del resto? “Mi viene da dire: finalmente! Credo siano opere di grande rilevanza che stanno restituendo ai cittadini porzioni importanti di spazio pubblico. Pensiamo solo a cosa sarà tutta l’area del Mausoleo di Augusto quando verrà riaperta”. Già, perché qui si fanno inaugurazioni parziali, senza ancora aver finito. “Ma si fa così in molte città. Ricordiamoci però di piantare sempre alberi e non togliere quelli che già ci sono”. Nelle nuove piazze per ora di verde neanche l’ombra, né in verticale, né in orizzontale. Riuscirà Roma a superare la sua identità di città solo amministrativa e turistica? “Oggi purtroppo è così, ma io penso che si possa andare avanti. Resta valida, a mio avviso, l’idea di spostare molti centri direttivi, ministeri e non solo, all’Eur, liberando il centro cittadino all’interno delle mura aureliane per ripopolarlo con residenti, giovani famiglie, romani ma anche chi viene qui a studiare o lavorare”, sostiene l’architetto.
Poi c’è il tema dell’archeologia, che gli architetti di Boeri hanno pensato come sistema diffuso e interconnesso, dal centro alla periferia, per scoprire anche nuove rotte turistiche “liberando” il centro. “Da questo punto di vista Roma è un luogo incredibile, unico al mondo, una scoperta continua. L’altro giorno insieme al mio amico Rem Koolhaas (architetto olendese, ndr) siamo tornati dopo qualche anno alla Domus Aurea. Siamo rimasti dentro quasi due ore a bocca aperta, senza parlare…”.