“A Giorgia Meloni vorrei dire che, rispetto a 2000 anni fa, il mondo ha fatto dei passi in avanti nella risoluzione delle controversie. Preparare la guerra, come pensa lei, è il contrario di quello che serve e vuole l’Italia. Il nostro paese deve impegnarsi per costruire la pace, per la risoluzione pacifica dei conflitti attraverso il dialogo e il multilateralismo”, dice Schlein. “Un giorno, quando i nostri figli ci chiederanno dove eravate quando la Nato ci rubava il futuro, e quando è iniziata la guerra tra Israele e Iran, potremo rispondere: all’Aja a batterci per la pace”, dice Conte.
Chiamarsi centrosinistra, volersi allargare al centro, pensare a come fare rete con tutti i civici, guardare avanti ma anche indietro, ai successi prodiani che furono (dai comitati del professore all’Ulivo), pensare ai cattolici moderati e anche ai laici moderati, e però avere al vertice della coalizione – e quindi in posizione di possibile federatore di fatto, almeno al momento – un partito, il Pd, che, sempre al momento, si colloca in un’area spesso pencolante verso l’estrema più che verso la medietà, sull’onda del M5s di Giuseppe Conte e dell’Avs di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni (ma anche a volte di suo, non senza patema della minoranza interna). E dunque, mentre nel medesimo Pd Alessandro Onorato, assessore al Turismo e ai Grandi Eventi della giunta romana di Roberto Gualtieri, sotto l’occhio vigile del guru dem Goffredo Bettini, prepara per domani all’Hotel Parco dei Principi l’evento di lancio della rete dei civici “per ampliare l’offerta politica nazionale a sinistra”, in Parlamento (comunicazioni della premier, in vista del Consiglio Ue) e all’Aja (vertice Nato sulle spese militari), si materializza la strana novità della coalizione che ha, sì, il problema di trovarsi un centro e possibilmente di ancorarsi anche al centro, ma ha anche l’altro problema (e non da poco) di apparire, se non guidata, fortemente ispirata dall’estrema. Al punto che il suo primo partito (sempre lui, il Pd) dice cose che fanno sovente dissociare i suoi esponenti moderati.
Non solo, infatti, i dem, nel corso della primavera, si sono spaccati in due tronconi in quel di Bruxelles sul piano ReArm Europe, e non solo hanno penato non poco in occasione della partecipazione o meno alle piazze per l’Europa (il 15 marzo scorso, in Piazza del Popolo, versione morbida, e in piazza Barberini, versione dura) o alla manifestazione per la pace, nel weekend scorso, con la segretaria Schlein ufficialmente non presente e alcuni esponenti in marcia tra la folla. Non solo. Ci sono infatti i dem riformisti (vedi la vicepresidente del Parlamento Ue Pina Picierno) che, in modalità Cassandra, sono spesso costretti a profetizzare sventura. Della serie: così facendo, cioè seguendo l’estrema, non governeremo mai. Per non dire delle volte in cui i senatori riformisti dem Filippo Sensi e Simona Malpezzi, tra gli altri, si sono dovuti distinguere dalla linea del partito in politica estera. Fatto sta che, ieri, la segretaria dem, alla premier Giorgia Meloni che si preparava al Consiglio Ue in posizione “si vis pacem, para bellum”, rispondeva: “A Giorgia Meloni vorrei dire che, rispetto a 2000 anni fa, il mondo ha fatto dei passi in avanti nella risoluzione delle controversie. Preparare la guerra, come pensa lei, è il contrario di quello che serve e vuole l’Italia. Il nostro paese deve impegnarsi per costruire la pace, per la risoluzione pacifica dei conflitti attraverso il dialogo e il multilateralismo. Tutto ciò che ci ha consentito di vivere senza guerra dalla caduta del nazifascismo. Io la penso come i costituenti che nella Carta Costituzionale hanno scritto che ‘l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali’. Alla presidente del Consiglio dico: se vogliamo la pace, prepariamo la pace”. E ancora, il giorno prima: “Ha detto che lavorerete per la soluzione diplomatica, ma noi pretendiamo una parola di chiarezza sul futuro che oggi ci ha negato: dica chiaramente che l’Italia non si farà trascinare nella guerra e non consentirà l’uso delle basi militari Usa sul territorio nazionale”. Intanto, a proposito di estreme, all’Aja, al vertice Nato, il leader M5s Conte si è messo alla testa di un contro-evento, con quindici partiti europei e al grido di “la spesa militare al 5 per cento è un suicidio politico”. “Un giorno, quando i nostri figli ci chiederanno dove eravate quando la Nato ci rubava il futuro”, ha detto il leader m5s, “e quando è iniziata la guerra tra Israele e Iran, potremo rispondere: all’Aja a batterci per la pace. Dove eravate quando il popolo palestinese è stato massacrato? Potremo rispondere: all’Aja a denunciare il genocidio a Gaza. Applaudiamo i giudici della Corte penale internazionale che sono impegnati a far rispettare la giustizia, a difendere il diritto internazionale e ad affrontare il genocidio in corso del popolo palestinese da parte delle autorità israeliane”. Allargarsi al centro? Sì, ma come?