Il M5s porta al vertice Nato il contro-summit dei controsensi “contro il riarmo europeo, contro il 5 per cento dell’Alleanza atlantica”. Più che “No Rearm, No War”, l’evento avrebbe ragione di chiamarsi no time, no space come cantava Battiato
L’Aia. E’ il contro-summit dei controsensi. Mai più armi, lo slogan dell’adunata pan-pacifista. Però la Russia che invase l’Ucraina “era l’ultima spiaggia per tutelare gli interessi di Mosca” – lo dice Laura Ferrara, ex eurodeputata del M5s, leggendo senza battere ciglio una lettera di Barbara Spinelli. Mai più armi perché tanto non potremo mai competere con l’arsenale del Cremlino, dice qualcuno. Mai più armi perché ne abbiamo già più di Putin, ribatte qualcun altro. Pazienza. L’importante è arrivare a una comune dichiarazione d’intenti – “contro il riarmo europeo, contro il 5 per cento dell’Alleanza atlantica”, sottoscritta da svariati corpuscoli della sinistra continentale. Primo firmatario: Giuseppe Conte. “Quando i nostri figli ci chiederanno dov’eravamo quando la Nato ci rubava il futuro”, l’arringa dell’avvocato, “noi potremo rispondere: all’Aia”. Sono state due ore surreali, all’insegna “dell’alternativa a ciò che i leader globali vogliono imporre come unica soluzione possibile. Questa non è difesa europea, ma lo smantellamento dell’Europa stessa”, insiste l’ex premier. “La nostra prima vittoria è che la commissione giuridica Ue ha deciso di presentare ricorso alla Corte di giustizia contro un piano di riarmo che ha base illegale. Noi non smetteremo mai di batterci per la pace. E non siamo supportati dai media, da lobby o multinazionali. Soltanto dalle nostre idee”. E’ bravissimo, il camale Conte. Trasmette la sensazione di credere visceralmente in quel che dice. Di essere un Gandhi moderno, illuminato – e pazienza se governò con Salvini, se è un vecchio amico di Trump. A proposito: tu quoque Donald, interventista in Iran? “A quei tempi abbiamo lavorato bene con tutti, tenendo sempre la schiena dritta”, risponde Pasquale Tridico, anfitrione del giorno per il Movimento. “Non penso che oggi sia un problema: rappresentiamo la posizione che avremmo avuto a prescindere”. Forse però per qualcuno il problema si pone, se i contiani – freschi di sudato ingresso in The Left – ora si prodigano per fare da guida. “Hanno già risposto al nostro appello una quindicina di partiti e movimenti politici”, esulta l’avvocato. Eppure prevalgono le defezioni: niente Pd, niente Avs, nessun rappresentante dai paesi baltici e scandinavi – la cintura attorno alla Russia che, con prudenza, diffida dalle imitazioni. E anche tra i presenti, una cinquantina, si contano soprattutto emissari secondari, mentre da Strasburgo nessun pezzo grosso si è scomodato di venire all’Aia.
“La conferenza di Conte? Boh”. Nella città stessa, blindata a prova di Nato, nessuno sa dove sia. Il risultato è una (dis)armata Brancaleone, a cui però va dato credito di avere entusiasmo e qualche testimonial d’eccezione. Da remoto si collega la vicepremier spagnola Yolanda Díaz (Sumar), che invoca “un’Europa di pace e diritti umani”. Segue Jeremy Corbyn, sempre “pronto ad alzare la voce contro l’ingiustizia sociale e la follia militare”. Poi il saggista americano Jeffrey Sachs, secondo cui piazza Maidan “fu colpa di una cospirazione architettata dalla Cia”. E la nota giornalista Rula Jebreal, che pone l’enfasi sul massacro a Gaza. Terribile, innegabile. Ma come accostarlo alle istanze del Cremlino lese dall’espansionismo atlantista? “Non sono bastati 27 milioni di morti sovietici per scongiurare un nuovo armamento tedesco”, riecheggia di nuovo la notevole lettera di Spinelli, evidentemente datata 1945. Così perde ogni credibilità anche la dichiarazione firmata, dove pure si riconosce “l’illegale invasione russa e l’inammissibilità dei bombardamenti”.
Più che “No Rearm, No War”, l’evento avrebbe ragione di chiamarsi no time, no space come cantava Battiato. In ordine sparso si citano Eisenhower, Gorbaciov, John Maynard Keynes, Greta Thunberg, Neville Chamberlain, la resistenza greca e quella italiana. Parola chiave: diplomazia. È incredibile come a ospitare uno zibaldone del genere sia un luogo solenne come la Tweede Kamer: merito degli sforzi organizzativi del Partito socialista olandese. Stimatissimo da Conte, pronto “a fare scudo contro Trump, Putin e Wilders. Siamo tanti, possiamo farcela” – seggi all’Europarlamento: zero. Quel che emerge è il raduno degli zero virgola, di chi non si piega “alla narrativa dominante”: scissioni di scissioni di Syriza, frammenti di ex Linke tedesca, indipendenti soprattutto. Foto di gruppo finale, con tanto di striscione. Logo dell’iniziativa: il simbolo della pace hippie, ma al posto del camioncino Volkswagen c’è la mappa europea. Tridico gongola. “Avete visto la nostra internazionale, come si fa sentire?”. Eccome.