Il segretario generale Rutte presenta il piano “ambizioso” sul riarmo dell’Alleanza, ma per molti è irrealizzabile. Tempi e spese. Il test sarà sull’Ucraina
Bruxelles. I capi di stato e di governo della Nato daranno il loro accordo formale per portare l’obiettivo della spesa per la difesa al 5 per cento del pil entro il 2035, nel primo summit dell’Alleanza nel secondo mandato di Donald Trump che si apre oggi all’Aia. “Si tratta di un balzo quantico ambizioso, storico e fondamentale per garantire il nostro futuro”, ha detto il segretario generale, Mark Rutte: “Il nuovo piano di investimenti per la Difesa è il risultato chiave di questo vertice e sarà decisivo per garantire una deterrenza e una difesa efficaci”. Un riarmo massiccio dei membri europei della Nato è una necessità imposta dalla minaccia posta dalla Russia. Ma il 5 per cento è il prezzo da pagare per cercare di convincere Trump di restare impegnato nella Nato e nell’architettura di sicurezza europea. Basterà?
Il 5 per cento di spesa per la Difesa è una cifra indicata da Donald Trump durante la campagna elettorale, presentata come un diktat e accompagnata dalla minaccia di uscire dalla Nato, di ritirare le truppe americane dall’Europa o di non mantenere gli impegni previsti dall’articolo 5 dell’Alleanza atlantica, il pilastro della difesa collettiva. In uno dei suoi comizi elettorali, Trump aveva perfino annunciato che, in caso di aggressione della Russia, non sarebbe corso in aiuto ai paesi che non rispettano gli obiettivi nella spesa per la Difesa. Scelto come segretario generale della Nato per la sua capacità di dialogo con Trump, Mark Rutte ha preparato il terreno per assecondare i desideri del presidente americano, sminare il summit dell’Aia e concedergli una vittoria simbolica. Ma il fatto è che il 5 per cento non è un vero 5 per cento del pil per la Difesa. In realtà l’obiettivo è stato diviso in due: il 3,5 per cento per le spese nelle capacità di difesa in senso stretto, più un altro 1,5 per cento per la resilienza e la sicurezza. La definizione di resilienza e sicurezza è così vaga e ampia che l’Italia può immaginare di inserire nella quota dell’1,5 per cento una parte dei finanziamenti per il Ponte sullo Stretto di Messina (la mobilità militare) o quelle per i pattugliamenti dei mari contro i migranti (la protezione delle frontiere). Il Regno Unito sembra intenzionato a fare altrettanto con gli investimenti nella banda larga (telecomunicazioni e cybersicurezza). Altro sconto, che serve una causa più ampia: gli aiuti militari all’Ucraina saranno contabilizzati nella quota del 3,5 per cento dell’obiettivo Nato. La scadenza al 2035 è un’altra concessione, rispetto alla proposta iniziale di Rutte del 2030 o 2032. Anche con questi espedienti contabili e temporali, alcuni paesi hanno annunciato che l’obiettivo del 5 per cento non sarà raggiunto. Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, è stato il primo a dirlo la scorsa settimana, ottenendo una certa flessibilità da parte di Rutte per non far fallire il summit dell’Aia. La manovra ha molto a che fare con la politica interna a Madrid. Ma Sánchez almeno ha detto la verità: la Spagna non sarà in grado di rispettare la parola. Ieri è stato il premier slovacco, Robert Fico, a dire che “in un periodo di risanamento delle finanze pubbliche e di avvicinamento al tenore di vita medio dell’Ue, la Slovacchia ha altre priorità nei prossimi anni oltre agli armamenti”. Il premier belga, Bart de Wever, si è piegato al consenso alla Nato perché sa che la Nato ha bisogno di Trump. Ma i suoi partner di coalizione hanno definito l’obiettivo del 5 per cento “ridicolo” e “stupido”. Dietro le quinte, gran parte dei diplomatici dei paesi alleati ammette che l’aumento della spesa per la Difesa che sarà deciso formalmente all’Aia è “irrealizzabile”. “A parte i paesi baltici e forse la Polonia, nessuno lo realizzerà”, spiega al Foglio uno di loro. Gli assegni che saranno firmati al presidente americano per tenerlo dentro alla Nato sono quasi tutti scoperti. L’accordo prevede una clausola di revisione nel 2029 quando, salvo sorprese, Trump avrà ceduto il posto a un altro presidente negli Stati Uniti.
La spesa militare aumenterà, ma non ai livelli indicati all’Aia. Il nuovo obiettivo Nato rientra nella tattica degli europei di cercare di tenere Trump dalla loro parte e guadagnare tempo. Funzionerà? Il primo test è il numero di soldati americani che resteranno sul Vecchio continente. Nel quartier generale dell’Alleanza una riduzione del contingente è data per certa, ma tutti si interrogano su numeri e tempistica. L’altro test è il continuo sostegno – o almeno il non abbandono totale – dell’Ucraina di fronte alla Russia. Rutte ha preparato la coreografia del vertice dell’Aia per evitare una ripetizione dello scontro dello Studio ovale, tenendo lontano il presidente ucraino Volodymyr Zelensky da Trump. “Il nostro sostegno all’Ucraina è incrollabile e persisterà”, ha assicurato Rutte, sottolineando che gli europei e il Canada “forniranno oltre 35 miliardi di euro” di aiuti militari nel 2025. Ma non è una cifra sufficiente a compensare il disimpegno di Trump dall’Ucraina.