L’Unità racconta il pazzesco caso del tribunale di Locri contro due immigrati innocenti: Marjan Qaderi Jamali e Amir Babai, 31 anni iraniano che si è tagliato la gola in cella da innocente
Vanno ringraziate l’Unità e la giornalista Angela Nocioni per avere portato in prima pagina ieri una notizia altrimenti trascurata, una storia terribile, oltre i limiti del diritto, ma non così incredibile nel nostro panorama giudiziario. Viene dal tribunale di Locri. Oltre i limiti non solo perché indice di come vengano trattati i casi di immigrazione clandestina, e le detenzioni, in Italia: “Andateci, vedetelo questo carcere nel cuore della Locride pieno zeppo di ragazzi neri, turchi, mediorientali, una selva di braccia scure che escono dalle sbarre: l’esercito dei presunti scafisti che riempie le celle”, è l’appello finale di Nocioni. Ma una storia oltre i limiti perché è un altro caso eclatante, ed evitabile, di malagiustizia e di errore giudiziario perseguito quasi con protervia.
È la storia di Amir Babai, 31 anni iraniano. Innocente. Che si è tagliato la gola in cella dopo la sentenza di primo grado per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: sei anni, avendo già scontato 600 giorni di ingiusta detenzione preventiva. Sul barcone che li portava in Italia, lui salvò da un tentativo di stupro Marjan Qaderi Jamali, anche lei iraniana. Intercettati, gli scafisti per vendetta li indicarono come complici. Poi sparirono: nessun incidente probatorio è stato realizzato. Ciò nonostante i giudici di Locri li hanno incarcerati sulla sola base di accuse senza prove, considerando “immutato il quadro probatorio”. Quale? Due anni dopo Marjan è stata riconosciuta innocente da un giudice di Reggio Calabria, sentenza che basta a dimostrare anche l’innocenza di Amir, che invece è stato assurdamente condannato. Nocioni riporta le frasi della pm, Marzia Currao, che “nella requisitoria ha tentato di screditare l’attendibilità degli imputati esibendo suoi giudizi morali invece di esibire delle prove”. E, il colmo, “se l’è presa con la copertura giornalistica del processo: ‘La difficoltà principale che io ho trovato è l’esposizione mediatica che la vicenda ha assunto’”. Un innocente è in carcere, ma la colpa è della stampa che si interessa degli errori della magistratura. Locri, Italia.