Bisogna fare di uno scalo il biglietto da visita di un’esperienza urbana desiderabile e coerente. Fiumicino è un’eccellenza che va “urbanizzata”: servono politiche pubbliche che lo riconoscano non come un’isola autonoma ma come il primo e ultimo volto della Capitale
Ci sono città che aspettano il futuro e città che, senza aspettarlo, lo costruiscono. Roma – spesso raccontata nei suoi ritardi – ha già un pezzo di futuro funzionante, efficace, persino ammirato nel mondo. Ed è curioso che questo pezzo si trovi proprio nel luogo da cui milioni di viaggiatori passano, ma troppo pochi decidono di tornare davvero: l’aeroporto di Fiumicino. Nel giugno 2025 il Leonardo da Vinci è stato premiato per la settima volta in otto anni come miglior aeroporto europeo sopra i 40 milioni di passeggeri. A decretarlo è stata l’associazione ACI Europe, che ha riconosciuto l’eccellenza operativa, l’innovazione tecnologica, la sostenibilità ambientale e – soprattutto – il livello di soddisfazione dei passeggeri. Dunque: qualcosa che funziona esiste. E funziona molto bene.
Il paradosso è che, pur essendo un modello di qualità e innovazione, Fiumicino viene ancora percepito da troppi come punto di passaggio, non come porta d’ingresso di una capitale da esplorare. Il 7 per cento in più di traffico nei primi cinque mesi del 2025 rispetto all’anno precedente indica una crescita incoraggiante. Ma per trasformare questa crescita in valore stabile, Roma deve far sì che i viaggiatori non solo transitino, ma desiderino restare. Il nodo è tutto qui: fare di un aeroporto il biglietto da visita di un’esperienza urbana desiderabile e coerente. A Fiumicino si parla già 5 lingue, si offre assistenza digitale immediata, si produce energia rinnovabile in autonomia. Si è al centro di una rivoluzione “green” da miliardi di euro. Ma appena fuori, i collegamenti veloci con la città sono ancora percepiti come incerti. I trasporti pubblici fanno fatica a garantire lo stesso standard. Le informazioni turistiche spesso non sono all’altezza dell’accoglienza aeroportuale. E il visitatore – quello vero, che torna – chiede coerenza tra l’arrivo e la scoperta.
È da qui che bisognerebbe ripartire. Fiumicino è un’eccellenza che va “urbanizzata”, moltiplicata nel tessuto di Roma. Servono navette frequenti e veloci, esperienze culturali collegate direttamente ai flussi in arrivo, servizi di accoglienza smart, mappe emozionali, itinerari su misura, pacchetti weekend con partenze e rientri calibrati. Servono, soprattutto, politiche pubbliche che riconoscano Fiumicino non come un’isola autonoma, ma come il primo e ultimo volto di Roma. Una sola volta nominiamo il gestore, Aeroporti di Roma (Adr), che vede in Mundys un azionista solido e di lungo periodo, perché non è questione di spot o comunicazione, ma di una sfida collettiva. Adr che ha fatto il suo: ha creato uno dei 10 migliori aeroporti del mondo. Ora tocca alla città rispondere. Con idee. Con coraggio. E con la volontà di essere, agli occhi del mondo, non solo eterna, ma anche attuale.