Non sappiamo chi sia la bambina trovata morta a Roma. La sua sorte indubbiamente commuove, però amarla in questo modo è facile. Il problema è amare le persone in concreto
Credo sia un coniglietto o un leprotto rosa, che reca sul petto un cuoricino con la scritta “I love you”, lo straziante segno d’amore lasciato da qualche giorno a Villa Pamphili per la bambina trovata cadavere vicino a colei che si presume essere la madre. Ammirevole impeto sentimentale, che però cozza con i fatti: non sappiamo ancora chi sia la donna morta insieme a lei, abbiamo una sua dichiarazione in cui si dice moglie di qualcuno che forse non è suo marito, c’è un sospettato del quale conoscevamo un nome ma poi abbiamo scoperto che era falso, e fino all’esame del Dna non avremo certezze sull’effettiva paternità.
In sintesi, non sappiamo chi sia la bambina. La sua sorte indubbiamente commuove, però amarla in questo modo è facile: l’amore generico, per l’umanità indistinta o per i bambini in senso lato, è un sentimento che consola ma non impegna. Il problema è amare le persone in concreto, gli individui così come sono, quel singolo soggetto nel suo irriducibile essere altro da noi e non un concetto idealizzato, dai contorni sfumati e malleabili. Non ci riesce quasi nessuno.