La violenza della politica americana prende forma in Minnesota

Lo stato americano è tornato sulle prime pagine dopo che nel fine settimana un uomo qualunque avrebbe sparato e ucciso la senatrice statale Melissa Hortman e il marito. Così quest’area del midwest è diventato l’emblema di un’America divisa

Non si parla quasi mai del Minnesota. Giusto alle ultime elezioni, quando Kamala Harris aveva scelto come candidato vice il governatore dello stato, Tim Walz, e molti avevano messo “la terra dai diecimila laghi” sulla mappa. Walz bilanciava la californità di Harris con il suo fare da papà qualsiasi, da uomo bianco medio, gentile e poco sofisticato. Ora il Minnesota è tornato sulle prime pagine dopo che un altro uomo qualunque, Vance Luther Boelter, 57 anni, sabato avrebbe sparato e ucciso la senatrice statale Melissa Hortman e il marito Mark, nella loro casa sulla riva destra del Mississippi a Brooklyn Park. E il tranquillo stato del midwest è diventato lo scenario dell’America divisa.

Boelter non possiede arsenali di Ak-47 né manifesti ispirati a unabomber o al Mein Kampf. Solo una lista di nomi di possibili bersagli, quasi tutti politici democratici. Il presunto attentatore appare come un uomo normalissimo: cinque figli, un lavoro extra nelle pompe funebri per pagare le bollette, esperienze in Africa per progetti agricoli e devozione cristiana. Un uomo qualunque che viveva con dei coinquilini e che prima di lanciarsi nel suo attacco omicida ha lasciato in contanti i soldi per quattro mesi di affitto. Ha anche lasciato un messaggio al coinquilino amico, ma senza dargli dettagli per evitare di implicarlo. Prima di uccidere Hortman, Boelter, vestito da poliziotto e con una maschera di latex, avrebbe sparato anche a un altro senatore locale, John Hoffman, e a sua moglie Yvette. I due sono rimasti feriti e portati in ospedale.

La violenza arriva in uno dei massimi momenti di spaccatura del paese. Prima le Tesla in fiamme, poi il tour dei dem-socialisti Fight the Oligarchy, poi le proteste a Los Angeles, e infine il No Kings Day, contro la celebrazione del 79esimo di Trump con parata militare, cani robot e muli in uniforme. Ma il clima nelle strade è solo uno dei due volti della medaglia di un paese che vive un costante conflitto tra due anime che sembrano sempre più inavvicinabili. C’è stato il tentativo di assassinio di Trump in Pennsylvania, ma nel 2022 il violento attacco a casa dell’ex speaker Nancy Pelosi. E ancora prima il 6 gennaio, con il tentativo di impiccagione dell’ex vicepresidente Mike Pence. Quello che abbiamo di fronte è un conflitto che non arriva solo nelle grandi città, e che non vede nei bersagli solo i nomi da National convention, ma si sposta negli stati meno battuti. Una violenza che nasce dal movimentismo Maga e arriva un po’ ovunque, nel clima polarizzato americano.

Il giorno dopo i presunti omicidi politici di Boelter, “molti si sono guardati dentro e si sono chiesti: è questo che noi – noi del Minnesota, noi americani, noi cittadini di una delle più antiche democrazie del mondo – siamo davvero?”, si è chiesto il quotidiano Minnesota Star Tribune. Intervistato dal giornale, Bill Doherty, che con la sua no profit cerca di creare unione tra gli americani divisi da diverse posizioni politiche, ha detto di non essere rimasto sconvolto dalla sparatoria. “Questa sarà la nuova normalità? Ogni elezione, anche solo quella per la Corte suprema del Wisconsin, viene vista come una questione di vita o di morte, come la fine della nostra democrazia. Perché mai qualcuno non dovrebbe esser portato ad azioni violente per poi sentirsi un eroe, e, per alcuni, purtroppo, essere davvero un eroe?”, si è chiesto Doherty.

Subito dopo gli omicidi del weekend, proprio nell’ottica di questa retorica che infiamma, da entrambe le parti sono arrivate le accuse e le etichette. Boelter è stato accusato di essere trumpiano, poi di aver lavorato per il governatorato del Minnesota, e quindi sotto Walz, poi sono emerse le sue posizioni di estremista anti omosessuali e quelle antiabortiste, e pure alcuni suoi sermoni in Congo dove accusava la comunità Lgbtq+. Un tipo di scambi che porta a giungere subito conclusioni per incolpare l’altra parte, e mantenere rovente la divisione.

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