Fondata con intento educativo nel 1940, oggi è un colosso mediatico al servizio del regime: dalla finta distruzione in Israele alle confessioni estorte ai detenuti. Emittente globale ma inefficace, replica il modello Bbc senza credibilità né audience interna
Dalla Rai dello Scià alla Bbc o Voice of America degli ayatollah, per fare la fine della Rts di Milošević. Tutto il mondo ha ora potuto vedere l’immagine di Sahar Emami, la giornalista in chador del canale iraniano Irib che in diretta tv agitava un dito ammonitore, quando un bombardamento israeliano la ha costretta a scappare tra polvere e calcinacci, pur gridando “La voce della realtà non sarà spenta”. Spontaneo il collegamento con quando il 23 aprile 1999 le bombe della Nato centrarono Radio-televizija Srbije, provocando 16 morti tra tecnici e dipendenti. Anche stavolta ci sarebbero stati diversi morti e feriti.
La Rts di Belgrado, però, era una emittente di livello locale, rivolta come servizio al mondo di lingua serba. La Sazmân-e Seda-va-sima-ye Jomhuri-ye Eslâmi-ye Irân, “Voce e Visione Servizio della Repubblica Islamica dell’Iran”, nota anche con l’acronimo Irib dell’inglese Islamic Republic of Iran Broadcasting, ha invece un servizio internazionale Pars Today capace di trasmettere in ben 32 idiomi. Alcuni per le numerose minoranze nazionali, ma una gran parte finalizzate a farne uno strumento di propaganda mondiale al servizio degli ideali e degli obiettivi della Repubblica Islamica dell’Iran, secondo il modello classico della Bbc britannica, della Voice of America e Radio Liberty/Radio Liberty che l’accoppiata Trump-Musk ha appena smantellato; o, su un opposto spettro ideologico, della putiniana Rt e della chavista teleSur. Anche se probabilmente molto meno efficace, e secondo molti iraniani irrimediabilmente noiosa.
Dal 2007 ha anche lanciato l’emittente in lingua inglese Press Tv, dal 2011 vi ha aggiunto quella in lingua spagnola Hispan Tv, e all’inizio di quest’anno PressTV Türkçe in turco e HispanTV Brasil in portoghese. Forti sono i suoi legami con una Tv Brics che si presenta come emittente dell’alleanza ma di fatto è uno strumento del governo russo.
Ma, appunto, all’origine c’era lo Scià, e una funzione educativa più che propagandistica che poteva evocare piuttosto la prima Rai. Allora era nota in inglese come National Iranian Radio and Television (Nirt), ed era stata fondata il 24 aprile 1940 da Mohammad Reza Pahlavi. Allora ancora principe ereditario, ma già con velleità di modernizzatore. Al suo vertice fui posto Isa Sedigh: un socialista che fu rettore dell’Università di Teheran, e che tra 1941 e 1942 sarebbe stato ministro dell’Educazione. Partì con cinque ore giornaliere di programmi: notiziari, musica tradizionale e occidentale, programmazione religiosa e sportiva, discussione di economia e politica. Nel 1956 vi aggiunge Pars Today, per far conoscere la cultura dell’Iran nel mondo. Nel 1976 la radio arrivava a circa il 76 per cento della popolazione urbana e il 45 per cento di quella rurale.
Il 21 marzo 1967 si aggiunse la National Iranian Television, unita poi nel 1971 alla radio nella National Iranian Radio and Television: hardware dal ministero delle Poste, del Telegrafo e del Telefono; programmi realizzati dal Dipartimento della pubblicità e dell’editoria; primo direttore il matematico Reza Ghotbi, nominato direttamente dallo Scià. Nel 1979, al momento della rivoluzione khomeinista, c’erano un primo e un secondo canale, cui accedeva oltre il 95 per cento della popolazione urbana e il 75 di quella rurale. Nel clima modernizzatore voluto dalla monarchia, il 40 per cento dei programmi era importato, e anche gran parte dell’altro 60 era modellato su esempi stranieri.
Ma poi arrivarono gli ayatollah, e l’emittente fu potenziata appunto per poter fare da altoparlante del regime, arrivando a gestire 62 canali televisivi e 83 stazioni radiofoniche. In regime di monopolio, perché radio e tv private sono vietate addirittura dalla costituzione. L’articolo 175 della stessa Costituzione stabilisce che la libertà d’espressione e la divulgazione della cultura in radio e tv devono essere subordinati ai principi dell’Islam e agli interessi del Paese, e che la nomina e revoca del Direttore della radio e della televisione della Repubblica Islamica dell’Iran spetta non al Presidente ma all’ayatollah Guida Suprema, anche se il funzionamento dell’azienda deve essere supervisionato da un Consiglio composto da due rappresentanti ciascuno del Presidente, del Capo della Magistratura, dell’Assemblea consultiva islamica e del Parlamento iraniano. 13.000 sono i dipendenti, e di circa un miliardo di dollari Usa il bilancio. Ogni anno sponsorizza un Sima Festival, che premia i migliori produttori cinematografici, registi e attori in categorie multiple. Va detto, non particolarmente apprezzati in patria, per la ripetitività di trame pesantemente ispirate dall’ideologia ufficiale.
Quanto ai programmi, nel giugno 2020 uno studio pubblicato dalla ong Justice for Iran e dalla Federazione internazionale dei diritti umani rese noto che la tv iraniana aveva trasmesso le confessioni potenzialmente coatte di 355 detenuti dal 2010. Gli ex prigionieri affermavano di essere stati percossi e di avere ricevuto minacce di violenza sessuale come strumento per ottenere da loro false testimonianze ad uso della radiotelevisione del Paese. Nel 2024 riferendo di una presunta distruzione all’interno di Israele a causa di un attacco da parte di missili e droni iraniani la tv di stato iraniana mostrò materiale che in realtà era un incendio filmato in Cile diversi mesi prima.