La mossa della frustrazione di Mediobanca per evitare di perdere il referendum su Nagel

L’assemblea degli azionisti è stata rinviata al 25 settembre. Il rischio? Che l’ops di Mps prenda quota, dice chi conosce le mosse dell’ad. Tra i motivi: il pressing di Caltagirone, l’ingresso di Unicredit e il nodo giudiziario su Mps. Piazzetta cuccia prende tempo, ma il fronte del no si è consolidato

È stato un weekend da paura per il risiko bancario. Il rullo di tamburi che preannunciava nuovi eclatanti sviluppi si è sentito già in settimana con la notizia dell’entrata in campo della Procura di Milano, che indaga sulla vendita dell’ultima tranche di capitale di Mps da parte del Mef avvenuta lo scorso novembre. L’attesa dei nomi di persone e società indagate sta rendendo tossico un clima già abbastanza infuocato. Poi, il colpo di scena di domenica: un cda straordinario di Mediobanca ha rinviato al 25 settembre l’assemblea convocata per lunedì per approvare l’offerta pubblica di scambio su Banca Generali. Di fronte alla conta dei numeri dei voti che dava in minoranza il fronte dei soci che sostiene l’ad Alberto Nagel, il consiglio di Piazzetta Cuccia ha scelto di sospendere i giochi nel pieno della partita. E siccome questa assemblea era percepita anche come un referendum sulla solidità della gestione Nagel è inevitabile che la decisione di prendere tempo suoni, da parte di Mediobanca, come un modo per evitare di ammettere la sconfitta oppure come la speranza che possano emergere nuovi elementi in grado di modificare il corso delle cose. Eppure, neanche quindici giorni fa era stato proprio Francesco Gaetano Caltagirone a chiedere un rinvio dell’assemblea del 16 su Banca Generali proprio per avere modo di approfondire alcuni temi, sentendosi, per tutta risposta, dire che non si poteva fare per questioni di trasparenza e che questa richiesta costituiva una prova del conflitto d’interesse in capo all’imprenditore romano. E adesso Nagel sposta in avanti di tre mesi il momento di una verifica cruciale con i soci di Piazzetta Cuccia.

Perché? Che cosa è cambiato nel frattempo? Sicuramente, negli ultimi giorni l’ottimismo che era stato alimentato dalle indicazioni positive dei proxy e dal sostegno dei fondi pensione e degli investitori istituzionali esteri come Blackrock e Norges Bank, ma anche di Mediolanum, si è ridimensionato a fronte del progressivo consolidamento del fronte del no o delle astensioni, non solo grazie all’entrata in scena delle Casse di previdenza Enpam ed Enasarco (il Mef non ha ostacolato l’operazione), non solo grazie al rafforzamento delle quote di Caltagirone ma anche grazie a una convergenza di alcuni azionisti desiderosi di spingere sull’alternativa all’attuale equilibrio (vedi il rastrellamento di azioni da parte di Unicredit, a favore della discontinuità in Mediobanca). Anzi, è possibile che proprio quest’ultimo abbia fatto la differenza.

La scoperta, nella serata di sabato, che Unicredit detiene l’1,9 per cento del capitale di Mediobanca, cosa che fino a pochi giorni fa aveva smentito, più il sospetto che a questo si aggiunga almeno un’altra quota del 2 per cento circa, parcheggiata, si dice, presso le banche d’affari Jp Morgan e Jeffries, ma con diritti di voto che sarebbero stati esercitabili già nell’assemblea di lunedì, ha messo praticamente Nagel all’angolo. Allo schieramento di quelli che avrebbero potuto votare contro la proposta di Banca Generali, che nei fatti non ha trovato sufficiente consenso, si sarebbe potuto aggiungere Unicredit con un totale di quasi il 4 per cento di capitale (l’astensione avrebbe avuto lo stesso effetto). La speranza di potercela fare a quel punto è definitivamente crollata. Così la decisione del rinvio al 25 settembre, in un’atmosfera che a Piazzetta Cuccia domenica era cupa ma anche fiduciosa.

Nagel oggi pare contare sulle evoluzioni che ci potrebbero essere per effetto delle indagini giudiziarie che, tra l’altro, sono nate proprio in seguito a un’iniziativa di Mediobanca: una querela per diffamazione a mezzo stampa con documentazione allegata sulla procedura che ha portato alla cessione del 15 per cento di Mps a Caltagirone, Delfin, Banco Bpm e Anima. Un quadro a dir poco pasticciato che rischia di scatenare quel circolo mediatico-giudiziario che puntualmente si mette in moto in Italia quando i normali meccanismi di mercato e democratici non funzionano.

Adesso, però, l’incognita più grande è che come reagirà il titolo di Mediobanca oggi in borsa. Se, come potrebbe accadere, scivolerà verso il basso potrebbe allinearsi al prezzo, finora a sconto, del concambio offerto da Montepaschi per la sua scalata a Piazzetta Cuccia. Sarà contento l’ad del Monte, Luigi Lovaglio, che proprio su una eventualità del genere spera per mandare in porto la sua ops che dovrebbe partire tra fine giugno e inizio luglio, sempre che arrivi l’autorizzazione dalla Bce.

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