Il ministro della Cultura conferma di non sapere nulla delle dimore storiche che hanno usufruito del provvedimento introdotto dal governo Conte e della loro apertura al pubblico. “Siamo impegnati in un’attività di approfondimento”, ma la mancata previsione di controlli “dimostra l’irrazionalità di questa misura”
Il ministero della Cultura “non dispone di dati idonei a monitorare le unità immobiliari catastalmente individuate come A/9”, ovvero castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici, che, “avendo usufruito del Superbonus, avrebbero dovuto garantire l’apertura al pubblico”. Lo ha detto il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, rispondendo in Aula alla Camera a un’interrogazione sui dati relativi alle dimore storiche che hanno usufruito delle detrazioni del Superbonus e il relativo impatto sui conti pubblici.
Alla base del quesito, c’è il caso dei cosiddetti “castelli del Superbonus”. Come raccontato dal Foglio lo scorso 26 febbraio, tra i circa 500 mila edifici ristrutturati con il Superbonus ci sono anche otto “castelli” privati distribuiti tra Piemonte, Lombardia, Lazio e Basilicata (dati Enea), per un costo complessivo di circa un milione di euro (1.082.833,15 euro, costo medio: circa 135 mila euro). Queste dimore storiche dovrebbero essere aperti al pubblico, era la condizione per poter ottenere le sovvenzioni, ma nessuno ha idea di dove si trovino e quando saranno aperte. A rendere possibile queste ristrutturazioni, inizialmente escluse, è stato nel 2021 l’allora ministro della Cultura Dario Franceschini, che ha esteso il bonus edilizio del 110 per cento anche agli edifici di categoria catastale A/9 (cioè castelli e palazzi storici) purché, appunto, visitabili dal pubblico per almeno 12 giorni l’anno.
Eppure, “al ministero della Cultura, da quanto risulta, non è stato trasmesso alcun atto di impegno” in questo senso. L’unico dato in possesso degli uffici, ha ricordato il ministro, riguarda il castello medievale di Gioiosa Ionica in Calabria (come avevamo già scritto qui), che a seguito di sottoscrizione della convenzione tra proprietari e comune sarà aperto al pubblico a partire da gennaio 2026.
Della misura introdotta dal governo Conte nel 2020, è stato fatto un “uso sciagurato” per quel che riguarda il restauro delle dimore storiche, ha aggiunto Giuli, sottolineando come il ministero sia comunque “impegnato nell’attività di approfondimento” rispetto all’apertura al pubblico delle dimore storiche ristrutturate, come previsto dalla normativa. Attività, ha concluso, “resa difficile dalla mancata previsione di un adeguato sistema di controlli del Superbonus, a dimostrazione dell’assoluta irrazionalità della misura. Un pasticcio”.