L’azienda di Sam Altman, approfittando del caos nell’industria tech causato dai processi antitrust contro Meta e Google, si mostra interessata all’acquisto del browser più utilizzato al mondo. Il colosso si sta muovendo anche per costruire un proprio social concorrente a quello di Musk
Sono in corso due importanti processi contro Meta e Google, parte del procedimento di antitrust iniziato nel 2023 dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e alcuni stati americani. Questi processi rischiano di sconvolgere la geografia di questa industria, costringendo per esempio Google a scorporare e vendere Chrome, il suo browser lanciato nel 2008 e oggi il più usato al mondo. E OpenAI ha detto di essere “interessata” a comprare il browser, qualora venisse messo in vendita da Alphabet, il gruppo che comprende Google. Anche Perplexity – altra società del settore AI – è stata chiamata a testimoniare nel processo contro Google, nella persona di Dmitry Shevelenko, direttore commerciale dell’azienda, che ha detto di essere interessato a Chrome, qualora venisse messo in vendita.
Quella che potrebbe essere vista come una banale offerta (quale azienda tecnologica non vorrebbe controllare Chrome?) dimostra in realtà quanto siano storici gli eventi in corso. L’idea che OpenAI, l’azienda sviluppatrice di ChatGpt, il chatbot che ha innescato la nuova corsa alle intelligenze artificiali generative, abbia preso in considerazione l’acquisto di uno dei gioielli di Google dimostra quanto il mondo tecnologico sia in subbuglio. Era da tempo, forse decenni, che il settore non veniva messo così in discussione, non solo per ragioni di antitrust, e OpenAI vuole approfittarne. E anche Perplexity, che teme l’espansione della sua competitor nel campo dei browser.
Il processo in corso ha anche confermato che tra Google e OpenAI i rapporti non siano tra i migliori. Secondo Nick Turley, responsabile di ChatGpt, OpenAI avrebbe chiesto a Google di poter usare la tecnologia di Google per la ricerca sul web per potenziare i propri servizi, ma la risposta è stata negativa. Difficile dare torto a Google, che deve difendere la sua funzione principale (la ricerca online) dalle intelligenze artificiali, che stanno provando a imporre un altro modo di trovare risposte nel web. Ne sa qualcosa la stessa Google, che ha lanciato AI Overview, un servizio con cui genera automaticamente le risposte, in stile ChatGpt.
Ciò nonostante, la ricerca rimane un elemento chiave per il futuro di qualsiasi chatbot, che può così integrare e migliorare le proprie risposte attingendo direttamente dal web. Turley l’ha definito “un componente necessario” per fare di ChatGpt un assistente personale in grado di aiutare gli utenti in sempre più campi. Anche per questo OpenAI avrebbe chiesto soccorso a Google, senza successo, prima di mettersi in fila per l’eventuale acquisto di Chrome.
Google è in una situazione delicata: i giudici hanno già stabilito che l’azienda ha una posizione di monopolio nella ricerca e, la scorsa settimana, anche sulle pubblicità online. Il processo è ancora in corso ma la vendita del browser Chrome potrebbe essere il prezzo da pagare per non subire uno spezzettamento ancora più doloroso. OpenAI, intanto, si è messa in fila per l’acquisto. Ma non è tutto. La scorsa settimana il sito The Information ha rivelato che OpenAI sta lavorando a un social network simile a Twitter, un feed di testo e immagini pensato per permettere agli utenti di condividere i modi in cui utilizzano l’intelligenza artificiale. Il servizio, che dovrebbe chiamarsi Yeet, sarebbe solo l’ultima puntata dello scontro a distanza tra Sam Altman, capo di OpenAI, e il suo ex socio Elon Musk, capo di X e Tesla.
In un momento in cui tutto è in discussione – la ricerca online, i social network tradizionali – OpenAI si muove velocemente e lavora per costruire un proprio social, ben sapendo quanto la comunità di persone appassionate di IA sia ancora molto attiva su X. Anche per questo, spera, sarà ben felice di spostarsi su un social fatto su misura per ChatGpt e i suoi 400 milioni di utenti.
Tutto questo è diretta conseguenza delle intelligenze artificiali generative e, da un certo punto di vista, di OpenAI stessa, che ha aperto un nuovo capitolo nella storia del nostro rapporto con il web che non è più completamente dominato – e monetizzato – da Google. OpenAI, questa strana no profit valutata 300 miliardi di dollari, si è convinta di poter sfruttare il vantaggio competitivo sugli altri per espandersi e fare concorrenza alla vecchia scuola.