L’Ops di Montepaschi? E’ il mercato, bellezza (vale anche per Mediobanca)

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Non mi pare anomalo, come si sostiene in certi ambienti, che il Monte dei Paschi abbia lanciato un’Ops su Mediobanca, salvo che lo si sostenga, e così lo si capisce, da chi ritiene intangibili, magari per considerazioni extrabancarie, determinati istituti e imprese e tangibili tutti gli altri e tutte le altre. Il punto cruciale, invece, è: il Monte è in grado, previa valutazione di tutti i necessari parametri, di lanciare una tale offerta? E ciò a partire dalle risorse, secondo il noto principio, proprio del nume di Mediobanca Enrico Cuccia: “Titolo quinto, chi ha i soldi ha vinto?”. La valutazione conclusiva di tutti i parametri e di tutte le condizioni spetta alla Vigilanza, dopodiché il discorso sull’idoneità dovrebbe ritenersi finalmente chiuso. Ciò non significa affatto sottovalutare Mediobanca e il ruolo svolto con indubbia competenza dal vertice. Ma che dopo ottanta anni circa in cui Mediobanca ha promosso operazioni complesse, aggregazioni, scissioni, sostituzioni di vertici, etc., questa volta sia essa stessa una possibile “aggreganda” non dovrebbe dispiacere a chi ha sostenuto sempre la concorrenza e ha promosso scalate e concentrazioni. Siccome le banche non “si pesano”, secondo la terminologia cucciana (ma se ne “contano” i predetti parametri), allora aspettiamo di vedere l’esito che avrà la necessaria competizione sulla base dell’Ops. Con i migliori saluti. Buona Pasqua.

Angelo De Mattia

Quel che decide il mercato, in finanza, di solito è quello che conta. E ieri, per dire, quel che ha contato, rispetto all’operazione di Mps su Mediobanca, è il notevole sostegno avuto da Mps, da parte dell’assemblea, all’operazione su Mediobanca. I critici dell’operazione, spesso con pochi argomenti, ci sono, ma se il mercato dovesse dire sì all’Ops di Monte dei Paschi di Siena, portando tra l’altro lo stato a diluirsi nella possibile nuova creatura, verrebbe da dire anche oggi: scusate, ma dov’è lo scandalo? Comunque andrà a finire, ciò che si conta oggi, e ciò che si pesa anche, è un punto e solo uno, quando si parla di finanza: è il mercato, bellezza. Vale anche per Mediobanca, no?


Al direttore – Due sentenze apparentemente lontane, ma in realtà più vicine di quanto possa sembrare. Perché veicolano entrambe, anche se in maniera diversa, una ben precisa visione dell’uomo. Con la prima, la nostra Corte di Cassazione ha di recente reintrodotto la dicitura “genitore” al posto di padre e madre nella carta d’identità dei minori, di fatto equiparando le unioni samesex ai coniugi; la seconda, della Corte Suprema britannica, ha invece sancito, accogliendo un ricorso dell’associazione “For Women Scotland” sostenuta e finanziata tra le altre da J. K. Rowling, che contrariamente a quanto sosteneva Simone de Beauvoir, donne si nasce, non si diventa. In altre parole, che con buona pace dei teorici del transgenderismo ciò che definisce una donna è il sesso biologico. Insomma, che gli esseri umani nascono maschi e femmine. Una sentenza all’insegna dell’ovvio dei popoli, dirà qualcuno. Mica tanto. Perché il cardine dell’ideologia gender è esattamente questo: non conta la natura, conta solo e soltanto ciò che io penso e voglio essere. Ovvero, la sostituzione del principio di realtà con quello di percezione. Ed è proprio il rifiuto del limite creaturale ciò che sottostà alle due sentenze: nel primo caso, il fatto che due persone omosessuali non possano essere genitori; nel secondo, che se nasci maschio non puoi essere femmina (e viceversa). La differenza è che mentre la Corte di Cassazione italiana ha avallato tale rifiuto accettando che una persona possa essere ciò che non può essere per via naturale (con l’aggravante che il quotidiano dei vescovi ha avallato tale assurdità), la Corte Suprema britannica ha invece ribadito che si è ciò che si nasce. Con tutto ciò che ne consegue.

Luca Del Pozzo


Al direttore – La Colombia è entrata nelle lista stilata dalla Commissione europea dei paesi sicuri, quindi con maggiore probabilità di rigetto del diritto d’asilo dei suoi cittadini. Eppure è un paese in conflitto e con milioni di sfollati. Un paese che due anni fa entrava nella storia dell’Onu per il primo discorso tenuto da una ragazza minorenne. Violeta (nome di fantasia) nei suoi 14 minuti di intervento fu chiara: nell’esposizione dello scenario di guerra, nel sottolineare che la sua partecipazione fosse una novità perché di solito la rappresentanza era maschile e adulta, nell’affermare: “E’ impossibile fare un calcolo esatto della quantità di vittime del conflitto, ma è possibile fare delle approssimazioni. Nel 2019 sono stati 3 milioni i giovani, bambini, adolescenti vittime di questa guerra”. Vittime nel più ampio spettro del significato: inteso come morti, feriti, sequestrati, arruolati, scomparsi. Violeta con semplicità chiese, a nome dei sui coetanei, di essere coinvolti nei processi di pace. Del resto se sono chiamati in causa nel conflitto, perché non sono coinvolti nella risoluzione? “Il problema non sono i giovani, ma gli adulti che non conoscono la metodologia per approcciarsi con loro. La creazione della pace non è responsabilità di qualche potere ma di tutto il mondo. Non si fa firmando un foglio. Un paese che non permette ai giovani di partecipare al processo di pace è un paese che si condanna a un futuro di guerra”. Domande e affermazioni che aspettano ancora una risposta che evidentemente non può essere quella della Commissione europea. In questo senso è da segnalare lo smarcamento dell’Italia che si è rifatta a una sentenza della Corte di giustizia europea sull’integrità territoriale e le condizioni di sicurezza. E, aggiungo, nel rispetto dell’articolo 10 della Costituzione sul diritto d’asilo.

Daniele Piccinini

Il bilanciamento è giusto, il suo punto è interessante, ma credo sia impossibile non considerare un tema altrettanto cruciale: evitare che le politiche sull’immigrazione diventino sempre di più un affare delle procure e sempre meno un affare della politica. L’Europa, a modo suo, può aiutarci a evitarlo.

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